Giorgio Bocca: Il partito unico dei trasformisti
20 Maggio 2005
Adesso Massimo D'Alema ci viene a dire che la guerra non è sempre ingiusta, che ci sono le guerre giuste per la democrazia. E l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha osservato: si vede che qualcuno pensa al prossimo governo del centro-sinistra e al ministero degli Esteri. Cioè, si vede che gli aspiranti al ministero degli Esteri ritengono che gli Stati Uniti porrebbero un veto a un ministro contrario alla loro guerra nell'Iraq. Cioè ancora uno che ha grandi aspirazioni politiche in Occidente deve sapere che in Occidente governa l'impero americano le cui guerre sono sempre giuste.
A volte, come nella Seconda guerra mondiale, c'è un nemico della democrazia talmente feroce e barbaro che gli interessi economici e di potere di chi lo combatte passano in secondo piano. Voglio dire che in quella guerra gli interessi imperiali della Gran Bretagna e degli Stati Uniti venivano dopo la sopravvivenza della libertà e della democrazia. Ma ci sono guerre, come l'attuale in Iraq, in cui questa scala dei valori è molto meno chiara, in cui la confusione fra gli interessi di potere e la difesa della libertà sembrano piuttosto discutibili. La ripetuta affermazione di George Bush che gli Stati Uniti sono in Iraq per farne una democrazia di tipo occidentale e per ricostruirne l'economia è smentita ogni giorno dai fatti: il governo filo americano è inviso a buona parte dei cittadini, le sette religiose che se lo disputano si ispirano a una religione, l'Islam, che difende principi e costumi antidemocratici. E il sistema economico e politico dell'Occidente non è più una libera alleanza di nazioni, è un impero in cui gli Stati Uniti sono primi inter pares come il caso Calipari ha confermato.
La svolta dei riformisti italiani ha le sue buonissime giustificazioni realistiche, machiavelliche, opportuniste, ma anche le sue gigantesche contraddizioni ideologiche. Perché se è vero che per stare al governo bisogna stare dalla parte del più forte, bisogna esercitare l'arte del possibile, è anche vero che per stare dalla parte della democrazia, bisogna stare dalla parte della giustizia e dei diritti umani. Dalla parte, aggiungerei, delle buone speranze e magari delle buone illusioni. Ma che sinistra è questa che nell'ora in cui le speranze ritornano e con essa le buone illusioni, cioè tutto ciò per cui vale la pena fare politica, partecipare alla vita pubblica, si rimette a far la cinica e la furba. Svoltare dalla parte della guerra giusta. Oggi come oggi, cosa significa?
Significa accettare in sostanza la teoria dello spazio vitale di nazista memoria, significa stare dalla parte dei più forti che lo occupano e voltare le spalle ai più deboli che ne sono esclusi. A leggere le disquisizioni dei nostri riformisti sembra di sentire echeggiare il peggior Kissinger, lo statista nixoniano che fingeva di ignorare le stragi in Indonesia e in Argentina per il bene superiore della democrazia. Ma questa pretesa di coltivare la democrazia uccidendola, di difenderla con i metodi delle dittature, di ricostruire l'Iraq radendone al suolo le città, di arruolare dei morti di fame, per fingere che esista uno Stato democratico, un governo democratico, dove porta?
Il consenso popolare quasi idolatrico che ha accompagnato la nomina del nuovo papa, l'assenza di ogni distinguo laico, sembra dimostrare che questa nuova sinistra berlusconiana rinuncia ai grandi ideali, alle grandi speranze che per illusorie che siano son sempre meglio del marciume in cui viviamo e affida la sua ricerca del consenso all'edonismo del consumismo televisivo. Il partito unico di cui parla Berlusconi esiste già: è il partito degli opportunisti e dei trasformisti.
A volte, come nella Seconda guerra mondiale, c'è un nemico della democrazia talmente feroce e barbaro che gli interessi economici e di potere di chi lo combatte passano in secondo piano. Voglio dire che in quella guerra gli interessi imperiali della Gran Bretagna e degli Stati Uniti venivano dopo la sopravvivenza della libertà e della democrazia. Ma ci sono guerre, come l'attuale in Iraq, in cui questa scala dei valori è molto meno chiara, in cui la confusione fra gli interessi di potere e la difesa della libertà sembrano piuttosto discutibili. La ripetuta affermazione di George Bush che gli Stati Uniti sono in Iraq per farne una democrazia di tipo occidentale e per ricostruirne l'economia è smentita ogni giorno dai fatti: il governo filo americano è inviso a buona parte dei cittadini, le sette religiose che se lo disputano si ispirano a una religione, l'Islam, che difende principi e costumi antidemocratici. E il sistema economico e politico dell'Occidente non è più una libera alleanza di nazioni, è un impero in cui gli Stati Uniti sono primi inter pares come il caso Calipari ha confermato.
La svolta dei riformisti italiani ha le sue buonissime giustificazioni realistiche, machiavelliche, opportuniste, ma anche le sue gigantesche contraddizioni ideologiche. Perché se è vero che per stare al governo bisogna stare dalla parte del più forte, bisogna esercitare l'arte del possibile, è anche vero che per stare dalla parte della democrazia, bisogna stare dalla parte della giustizia e dei diritti umani. Dalla parte, aggiungerei, delle buone speranze e magari delle buone illusioni. Ma che sinistra è questa che nell'ora in cui le speranze ritornano e con essa le buone illusioni, cioè tutto ciò per cui vale la pena fare politica, partecipare alla vita pubblica, si rimette a far la cinica e la furba. Svoltare dalla parte della guerra giusta. Oggi come oggi, cosa significa?
Significa accettare in sostanza la teoria dello spazio vitale di nazista memoria, significa stare dalla parte dei più forti che lo occupano e voltare le spalle ai più deboli che ne sono esclusi. A leggere le disquisizioni dei nostri riformisti sembra di sentire echeggiare il peggior Kissinger, lo statista nixoniano che fingeva di ignorare le stragi in Indonesia e in Argentina per il bene superiore della democrazia. Ma questa pretesa di coltivare la democrazia uccidendola, di difenderla con i metodi delle dittature, di ricostruire l'Iraq radendone al suolo le città, di arruolare dei morti di fame, per fingere che esista uno Stato democratico, un governo democratico, dove porta?
Il consenso popolare quasi idolatrico che ha accompagnato la nomina del nuovo papa, l'assenza di ogni distinguo laico, sembra dimostrare che questa nuova sinistra berlusconiana rinuncia ai grandi ideali, alle grandi speranze che per illusorie che siano son sempre meglio del marciume in cui viviamo e affida la sua ricerca del consenso all'edonismo del consumismo televisivo. Il partito unico di cui parla Berlusconi esiste già: è il partito degli opportunisti e dei trasformisti.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …