Stefano Benni: Lolita e lo scandalo di Kubrick

28 Giugno 2005
In principio era Kubrick. Quando Farinelli mi chiese di introdurre per la Cineteca un ciclo di film del regista, ne scelsi due: Lolita e Arancia Meccanica. Qualcuno mi fece notare che erano film ‟scandalosi”, o ritenuti tali. Mi venne da rispondergli che forse tutti i film di Kubrick sono scandalosi, in quanto unici.
Se per scandalo si intende polemica sponsorizzata e annunciata, duello di feudi giornalistici, emottisi di pulpari in pantofole, allora non siamo in presenza di uno scandalo, ma di una breve eccitazione dei media. Scandalosa è l´opera che rivela qualcosa che prima era nascosto, che inquietava ma non veniva mostrato, qualcosa che era sotto gli occhi di tutti, un cimitero indiano sotto l´Overlook Hotel. La capacità inventiva di Kubrick, in questo senso è uno scandalo per la serialità e la prevedibilità del cinema.
E Kubrick era scandalosamente libero, appassionato e sprezzante, nel rapporto con i libri. Scelse sempre libri complessi, a volte ritenuti ‟impossibili” da tradurre in immagini e ne accettò la sfida.
Lolita nasce come libro scandaloso, rifiutato da molti editori. Poi viene accettato come totem, semplificato e mutilato, più chiacchierato che letto. Di tutte le sue provocazioni, rimane solo l´infatuamento erotico di un serio professore per una bambina. Ma non è questo lo scandalo di Lolita. Ciò che ancora inquieta, nel capolavoro di Nabokov, è che questa storia apparentemente anomala è in realtà una normale storia d´amore, dove il cosiddetto vizio si eleva a rovina e dedizione assoluta. E la prova che ogni passione è mortale, che in ogni famiglia e città perbene si nasconde l´incendio di Lolita. Kubrick capì che non poteva centrare il film sull´eros del libro. Lo avrebbero censurato, e comunque aveva altri obiettivi. Della sceneggiatura di Nabokov, ne usò meno di un terzo. Il suo intento fu di mostrare ancora una volta lo scontro tra follia e ragione, tra infanzia e mondo adulto, tra Europa e America, tra istinto e oppressione sociale. Fece di Mason un burattino spietato e ridicolo, e rese Lolita seducente e volgare, proprio come l´industria cinematografica. E distillò l´ironia derisoria del libro nelle trasformazioni di Peter Sellers.
Se Lolita è forse meno scandalosa del libro, Arancia meccanica lo è molto di più. Burgess restò annichilito di fronte a certe scene. Sullo schermo lo scandalo della violenza che appartiene a tutti, del passaggio di ruolo da carnefice a vittima del protagonista, è feroce e accelerato, con raffinatezze tecniche e colpi bassi. L´Alex di Burgess è un sedicenne teppista che rubacchia e parla male, l´Alex Mac Dowell del film è un trentenne seducente e crudele che stupra, picchia e uccide a suon di musica. Il linguaggio slang-uligano del libro diventa una festa dell´invenzione cinematografica, della pop-art, della contaminazione tra bellezza e consumo, il bianco tempio del Korova milk bar dove le parole sacre a Esenin diventano logo del capitalismo. E dopo due ore di crudeltà a ritmo di balletto, Kubrick cambia il lieto fine del libro in un finale derisorio.
A questi due film, si è aggiunto un terzo scandalo, il Diavolo in corpo. Posso solo ricordare che il libro del ventenne Radiguet fu uno scandalo subito digerito, premiato e celebrato. Il suo successo divistico fu pari a quello di certe operazioni moderne, il maudit divenne moda, fino alla celebre frase di Cocteau:”ai nostri tempi l´anarchia si presenta sotto forma di colomba”. Solo dopo la morte dell´autore, si cominciò a riflettere sulla sua crudeltà e originalità, sulla passione mortale di quella Lolita-Humbert che è Marthe. Certo, oggi il Diavolo in corpo sembra ad alcuni un normale romanzo d´amore, ma conserva ancora il suo disperato disagio. E la poetica, profonda rilettura di Autant Lara fu sorprendente, e lo resta ancora.

Stefano Benni

Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Con Feltrinelli ha pubblicato: Prima o poi l’amore arriva (1981), Terra! (1983), Stranalandia, con disegni di Pirro Cuniberti (1984), Comici spaventati guerrieri …

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