Enrico Franceschini: Cocaina. Scandalo al congresso del Labour
03 Ottobre 2005
Non c’erano aspettative di clamorose sorprese, al congresso laburista che si tiene dall’inizio della settimana a Brighton, stazione balneare sulla Manica: il noioso duello tra Blair e Brown, qualche polemica sull’Iraq, le inoffensive schermaglie dei sindacati. Ma quando già leader e delegati cominciavano a fare le valige è arrivata una notizia in grado di scuotere tutti: o perlomeno di farli starnutire, direbbero i maligni.
Un tabloid londinese, l’‟Evening Standard”, quotidiano del pomeriggio ancora più affamato di scoop dei suoi rivali mattutini, ha sguinzagliato i propri cronisti alle cene e alle feste nei maggiori alberghi di Brighton, come il Grand e il Metropol, requisiti per l’occasione dalle delegazioni di alti dirigenti, funzionari e membri del Labour, dalle loro mogli o fidanzate, dai giornalisti del seguito, insomma dal "circo" della politica che accompagna ogni congresso di partito. I cronisti sono entrati nei gabinetti degli hotel armati di appositi tamponi, con cui hanno raccolto campioni di tutto ciò che poteva avere lasciato tracce su lavandini e toilette; hanno consegnato il materiale a Scientifics, laboratorio specializzato nel rilevamento della droga, usato dal ministero degli Interni e Scotland Yard; e il risultato delle analisi campeggiava ieri sera a caratteri cubitali sulla prima pagina dello Standard. ‟Cocaina al party del Labour”, gioco di parole, in inglese, tra festa e partito. ‟Tutti i campioni prelevati nei gabinetti evidenziano chiaramente tracce di cocaina”, dichiara al giornale Adam Booker, direttore del laboratorio. Come nei romanzi gialli, a questo punto è necessario un passo indietro. A Londra, la settimana scorsa, i tabloid non hanno parlato d’altro che di cocaina, ricamando sulle immagini della top model Kate Moss, ripresa di nascosto mentre sniffava cocaina. Fotografie costate care alla modella, che a causa dello scandalo ha perso sei milioni di euro di contratti pubblicitari. E costate care pure al ‟Daily Mirror”, il tabloid autore dello scoop, che a quanto sembra le ha pagate la bellezza di un milione di euro. Mentre su Kate infuriava la tempesta di polvere bianca, l’‟Evening Standard” ha avuto l’idea di inviare i suoi reporter ai party della settimana della moda londinese: scoprendo, con i tamponi nei gabinetti, e gli esami di laboratorio, tracce di cocaina dappertutto. Non soltanto la viziosa Moss si droga, ha dunque concluso la stampa, è il mondo della moda che è marcio. Con grande scandalo di editorialisti, sociologi e tribuni popolari. Senonché, adesso, il medesimo scherzetto lo ha subito il mondo della politica. Dal quartier generale del Labour esce soltanto un ‟no comment”. L’opposizione conservatrice tace: forse perché il suo congresso deve ancora farlo? Parla invece il mondo della moda: ‟è stato fatto di Kate Moss un capro espiatorio”, dice Christophe Sanchez-Vahle, direttore di un’agenzia di fotomodelle, ‟ma la cocaina è molto diffusa ovunque, nella City: nel settore bancario, in politica e pure tra i media”. Morale, facilmente prevedibile: al prossimo party di Vip, in Gran Bretagna e forse anche altrove, i gabinetti verranno puliti e lustrati un po’più spesso del solito, per evitare di lasciar tracce imbarazzanti.
Un tabloid londinese, l’‟Evening Standard”, quotidiano del pomeriggio ancora più affamato di scoop dei suoi rivali mattutini, ha sguinzagliato i propri cronisti alle cene e alle feste nei maggiori alberghi di Brighton, come il Grand e il Metropol, requisiti per l’occasione dalle delegazioni di alti dirigenti, funzionari e membri del Labour, dalle loro mogli o fidanzate, dai giornalisti del seguito, insomma dal "circo" della politica che accompagna ogni congresso di partito. I cronisti sono entrati nei gabinetti degli hotel armati di appositi tamponi, con cui hanno raccolto campioni di tutto ciò che poteva avere lasciato tracce su lavandini e toilette; hanno consegnato il materiale a Scientifics, laboratorio specializzato nel rilevamento della droga, usato dal ministero degli Interni e Scotland Yard; e il risultato delle analisi campeggiava ieri sera a caratteri cubitali sulla prima pagina dello Standard. ‟Cocaina al party del Labour”, gioco di parole, in inglese, tra festa e partito. ‟Tutti i campioni prelevati nei gabinetti evidenziano chiaramente tracce di cocaina”, dichiara al giornale Adam Booker, direttore del laboratorio. Come nei romanzi gialli, a questo punto è necessario un passo indietro. A Londra, la settimana scorsa, i tabloid non hanno parlato d’altro che di cocaina, ricamando sulle immagini della top model Kate Moss, ripresa di nascosto mentre sniffava cocaina. Fotografie costate care alla modella, che a causa dello scandalo ha perso sei milioni di euro di contratti pubblicitari. E costate care pure al ‟Daily Mirror”, il tabloid autore dello scoop, che a quanto sembra le ha pagate la bellezza di un milione di euro. Mentre su Kate infuriava la tempesta di polvere bianca, l’‟Evening Standard” ha avuto l’idea di inviare i suoi reporter ai party della settimana della moda londinese: scoprendo, con i tamponi nei gabinetti, e gli esami di laboratorio, tracce di cocaina dappertutto. Non soltanto la viziosa Moss si droga, ha dunque concluso la stampa, è il mondo della moda che è marcio. Con grande scandalo di editorialisti, sociologi e tribuni popolari. Senonché, adesso, il medesimo scherzetto lo ha subito il mondo della politica. Dal quartier generale del Labour esce soltanto un ‟no comment”. L’opposizione conservatrice tace: forse perché il suo congresso deve ancora farlo? Parla invece il mondo della moda: ‟è stato fatto di Kate Moss un capro espiatorio”, dice Christophe Sanchez-Vahle, direttore di un’agenzia di fotomodelle, ‟ma la cocaina è molto diffusa ovunque, nella City: nel settore bancario, in politica e pure tra i media”. Morale, facilmente prevedibile: al prossimo party di Vip, in Gran Bretagna e forse anche altrove, i gabinetti verranno puliti e lustrati un po’più spesso del solito, per evitare di lasciar tracce imbarazzanti.
Enrico Franceschini
Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …