Gianni Rossi Barilli: Pacs. Necessità elettorali

11 Ottobre 2005
A cosa servono le primarie? Ma è ovvio: a dare una mano per tirare fuori l'Italia dal pantano clericale in cui sguazza, inserendo la parola Pacs nell'agognato programma dell'Unione. Sono solo quattro lettere, ma possono fare una bella differenza: riconoscendo validità giuridica alle coppie di fatto etero e omo riconoscono anche il diritto di tutti a vivere in un paese civile. Per questa ragione tra molti militanti e simpatizzanti del movimento glbt (gay, lesbico, bi e transessuale) si è diffusa un'attenzione decisamente superiore alla media per la competizione interna al centrosinistra. E non si tratta soltanto di un interesse ‟corporativo”, visto che la posta in gioco è il ridimensionamento delle lobby cattoliche che condizionano la vita politica. Possiamo anche aggiungere, per spiegare tanta passione, che i Patti civili di solidarietà (per gli amici Pacs) sono uno dei pochi temi concreti di cui si è parlato in queste primarie, oltre a essere un argomento sul quale un qualunque centrosinistra europeo può differenziarsi con poca spesa da una destra pochissimo europea sui temi ‟etici”. Di qui l'impegno dell'area glbt, documentato da appelli e inviti a votare per questo o quel candidato, incontri con gli aspiranti leader dell'Unione e scontri con gli amici del Vaticano di ogni tendenza politica. C'è pure un sondaggio sulle primarie fatto dal sito Gay.it, al quale hanno partecipato 4.500 persone, che conferma l'attenzione all'evento e rileva qualche linea di tendenza: Prodi ha la maggioranza relativa (35%) ma non stravince e va forte soprattuto tra coloro che si definiscono cattolici e bisessuali. Bertinotti arriva secondo con il 25%, e gli altri più distanziati. Pecoraro Scanio ha maggior presa sui giovani, mentre l'outsider Ivan Scalfarotto, (gay dichiarato), affascina in particolare gli over 30. Su chi votare ci sono ovviamente posizioni diverse, ma su un punto la convergenza è massima: i Pacs devono entrare a pieno titolo nel futuro programma del centrosinistra. ‟Se questo non accadesse - afferma la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini - sarebbe drammatico. In questo caso non avremmo più alcun ruolo nella competizione elettorale, e sarebbe un pessimo auspicio per le speranze di un centrosinistra alternativo al centrodestra. Ma al punto in cui siamo mi pare realistico aspettarsi che i Pacs vengano inseriti nel programma. Casomai ci sarà molto da combattere, una volta vinte le elezioni, per ottenere che questa riforma si faccia presto, e a questo ci stiamo preparando con molto impegno”.
Gramolini, alle primarie, voterà convinta per Fausto Bertinotti, come molte altre dirigenti della sua associazione. ‟Ho bisogno - spiega - di un riferimento politico che metta insieme i diritti civili con quelli sociali e che non si precipiti a precisare di continuo che i Pacs, cioè le nostre relazioni, non hanno niente a che vedere con la famiglia”. Anche chi sceglie Prodi ritiene però di fare un buon affare. Pure se è cattolico e deve fare i conti, oltre che con il Vaticano, con la Margherita di san Francesco Rutelli. ‟Non ho nessun imbarazzo a questo proposito - dice Andrea Bendino, portavoce di Gayleft (gruppo glbt di area Ds) - perché Prodi ha preso un impegno formale a mettere i Pacs nel programma di governo. E proprio il fatto che in queste settimane abbia retto le polemiche con la chiesa e con Rutelli dimostra che si tratta di un impegno serio. Poi vorrei dire che un successo ampio di Prodi alle primarie rappresenta per noi l'unica garanzia che il giorno dopo il voto non ci sia qualcuno che dice che c'è troppa sinistra nella coalizione e che bisogna riequilibrare al centro, mandando a farsi benedire in primo luogo il Pacs, cioè un tema che ha caratterizzzato questa campagna elettorale anche al di là della volontà dello stesso Prodi”.
I termini del dibattito, come sappiamo li ha impostati santa romana chiesa con le sue bordate contro omosessuali, concubini e politici che li appoggiano. Che la chiesa cattolica strepiti e si domandi dove finiremo di questo Pacs, comunque, è proprio un buon segno. Ne è convinto Gigi Malaroda, militante gay e co-organizzatore del Pride nazionale di Torino del prossimo anno: ‟La reazione scomposta delle gerarchie cattoliche - dice - dimostra che siamo sulla buona strada. Vuol dire che finalmente hanno paura e noi non possiamo che rallegrarcene. Il problema è che accanto a questi segnali che invitano all'ottimismo ce ne sono altri che preoccupano. Si avverte soprattutto una mancanza di volontà, o di capacità, nel collegare l'impegno verso una riforma legislativa con una battaglia culturale più ampia. Non mi piace la reverenza dei leader del centrosinistra verso la chiesa. Insorgono in nome del bon ton solo quando viene fischiato il cardinale Ruini, mentre non reagiscono alle offese quotidiane di vescovi e cardinali contro di noi”.
Questa evidente logica dei due pesi e due misure fa arabbiare molta gente. ‟C'è qualcuno in Italia - si chiede Francesco Gnerre, critico letterario - che abbia il coraggio di criticare l'intolleranza di cui la religione è portatrice? O di dire senza ambiguità che nel fare le leggi la società laica deve ispirarsi alla realtà anziché a un'idea di sacra famiglia che sta solo nella testa dei preti e dei politici che ne seguono le direttive?”. Gnerre ha firmato un appello a favore della candidatura di Bertinotti, ma non è più sicuro di questa scelta dopo aver valutato quelle che definisce alcune ‟scivolate” del segretario di Rifondazione verso il dialogo con la chiesa cattolica. ‟La chiesa rivendica apertamente il diritto di poter continuare a discriminare gli omosessuali, e se Bertinotti ci dialoga io mi offendo con lui”.
Un candidato a prova di bomba, almeno da questo punto di vista, è Ivan Scalfarotto, che ha impostato buona parte della sua campagna per le primarie sulla valorizzazione del concetto di laicità. Lo voterà senza esistazioni Paolo Rumi, direttore creativo in un'agenzia pubblicitaria. ‟Nessuna chimica personale - spiega -ma apprezzamento per quello che dice e fa. Mi riconosco in lui perché parla per sé. Siamo così disperati come italiani, costretti a una vita civile che si fonda sulla confusione sistematica tra vero e falso, che per non dire sciocchezze possiamo parlare solo ciascuno per sé. Scalfarotto, se avrà un buon risultato, sarà uno stimolo per Prodi e indebolirà posizioni come quella di Mastella, che specula in modo orrendo sulla difesa del concetto di famiglia. Io penso all'Italia come all'acqua del gorgo del lavabo. Se non ci sbrighiamo a cambiare finiremo tutti nella fogna. C'è solo la possibilità che un decente governo di sinistra ci faccia rimanere in Europa. Ma la sinistra deve rivelarsi in grado di reggere la sfida. Altrimenti, non ci rimane che emigrare in Spagna”.

Gianni Rossi Barilli

Gianni Rossi Barilli, nato a Milano nel 1963, giornalista, partecipa da vent’anni alle iniziative del movimento omosessuale, come militante, scrivendo, discutendo e anche litigando. Ha lavorato a “il manifesto” dal …