Vanna Vannuccini: Teheran. "Non attaccheremo Israele"

02 Novembre 2005
Dopo lo scompiglio provocato dalle dichiarazioni del presidente Ahmadinejad Teheran cerca di calmare le acque, anche se non rinuncia a criticare il Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché non ha mai condannato con altrettanto rigore le minacce pronunciate più volte da Israele e dagli Stati Uniti di attaccare militarmente l’Iran. Il ministero degli Esteri ribadisce però la volontà di pace dell’Iran. ‟La Repubblica islamica dell’Iran conferma gli impegni internazionali presi in virtù della Carta delle Nazioni Unite e non userà la forza contro nessun Paese” afferma una nota. E’la prima rassicurazione esplicita dopo le manifestazioni anti-israeliane dell’ultimo venerdì di Ramadan che ieri avevano visto, accanto ai roghi delle bandiere israeliane, il presidente iraniano perorare la distruzione di Israele. ‟La strada per Gerusalemme passa per Kerbala” era lo slogan dell’ayatollah Khomeini durante la guerra contro l’Iraq per indicare che il suo obiettivo finale era ‟la liberazione di Gerusalemme”. Da allora, gli attacchi verbali contro Israele sono rimasti parte rituale dei discorsi degli ayatollah conservatori alle preghiere del Venerdì e durante le sfilate dei pasdaran. Ma nessun politico li aveva più fatti propri. Su sollecitazione di Israele, il Consiglio di Sicurezza aveva reagito duramente ieri alle parole di Ahmadinejad di ‟cancellare Israele dalle carte geografiche” ammonendo gli Stati membri ad astenersi dal pronunciare minacce contro l’indipendenza territoriale e politica di altri Stati. Nella nota il ministero degli Esteri iraniano definisce però inammissibile che il Consiglio di Sicurezza non abbia mai né condannato le minacce pronunciate da Israele né ‟le continue atrocità commesse dal regime sionista” contro i palestinesi. E da Qom uno degli ayatollah più radicali, Mesba Yazdi, ha rincarato la dose affermando che rimanere in silenzio di fronte a queste atrocità è haram, contrario ai doveri religiosi. Ahmadinejad era stato eletto presidente a sorpresa nel giugno scorso con il consenso del Leader supremo Khamenei e l’appoggio di ayatollah radicali come Mezba Yazdi (detto il mullah Omar di Qom), o Tabrizi, conosciuto come il signore di Mashhad. Khamenei voleva impedire che il suo perenne rivale Rafsanjani acquistasse troppo potere diventando di nuovo presidente.
Ora si è accorto però del passo falso, e ha cercato di riequilibrare la situazione. Qualche settimana fa ha decretato che il Consiglio di discernimento, presieduto da Rafsanjani, diventi il secondo più importante organo istituzionale dopo il leader, scavalcando così Ahmadinejad. Il momento è particolarmente delicato per Teheran, sotto pressione per i suoi programmi nucleari. I teocrati avevano creduto di poter evitare una risoluzione dell’Aiea, ma si sono sbagliati. Anche le minacce di Ahmadinejad contro i paesi arabi che osassero riconoscere Israele li preoccupano: potrebbero provocare di nuovo problemi che sembravano risolti durante la presidenza di Khatami. Ahmadinejad ha dato l’impressione invece quasi di volere una escalation. Probabilmente, dicono gli analisti, deve pagare il conto ai radicali che l’hanno votato. O semplicemente crede che l’Iran non abbia nulla da temere, visto che anche gli Usa si stanno convincendo che le sanzioni non avrebbero grande effetto su un Paese che è il maggiore produttore di petrolio dopo l’Arabia saudita, e che un cambio di regime non sembra per ora realizzabile.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …