Enrico Franceschini: Energia, nuovo colpo al patto di Kyoto

04 Novembre 2005
‟Prima di correre, occorre camminare”. Parla come un saggio cinese, Margaret Beckett, ministro dell’Energia britannico, al summit sull’energia convocato ieri a Londra dai paesi del Gruppo degli Otto, di cui il Regno Unito ha la presidenza di turno. La massima del ministro significa che è inutile fare piani ambiziosi per l’energia eco-sostenibile, se prima non è stata creata ‟una grande alleanza internazionale per il lungo periodo, stabilendo tempi e scopi di una riduzione delle emissioni nocive, con un’impostazione che va oltre gli obiettivi del Protocollo di Kyoto”. E qui sta il punto: la Gran Bretagna non crede più che il patto di Kyoto sia l’unica strada o la strada migliore per combattere l’effetto serra, per il semplice motivo che tale combattimento non si può fare senza l’America, che il protocollo di Kyoto rifiuta di firmarlo. Sono le stesse parole usate da Tony Blair due giorni fa in un articolo sul Financial Times; accoppiate ai ripetuti riferimenti del premier alla possibilità di investire di nuovo sull’energia nucleare, costruendo nuove centrali atomiche, segnalano una svolta strategica a Londra e altrove in Occidente. L’Italia, per dirne una, sembra d’accordo. ‟L’attuazione del Protocollo di Kyoto è onerosa e, almeno in una prima fase, incide sulla competitività dei sistemi produttivi, esaltando le divisioni tra i paesi”, ha detto Claudio Scajola, il nostro ministro delle Attività Produttive, intervenendo al vertice londinese. E ancora, con un linguaggio simile a quello della collega inglese: ‟I paesi industrializzati devono andare oltre, promuovendo una collaborazione internazionale senza precedenti”. Nei corridoi del summit anche Scajola parla di energia nucleare, riprendendo la proposta da lui lanciata qualche giorno fa a Roma: ‟Mi compiaccio di avere ricevuto reazioni meno forti di quanto mi aspettavo dalle forze politiche”, dice il ministro, ‟forse la riapertura di una riflessione sul nucleare non rappresenta più un tabù insormontabile. Non possiamo pensare di fermare il progresso: serve energia e serve a costi competitivi, l’alto prezzo del petrolio, risorsa tra l’altro destinata ad esaurirsi, è un’occasione per trovare nuove soluzioni, e il nucleare di terza o quarta generazione è una riposta di buon senso, che consente il rispetto dell’ambiente e la sicurezza dell’approvvigionamento”. Indetta da Blair al summit del G8 del luglio scorso in Scozia, la riunione di ieri a Londra era soltanto un vertice ‟informale”, da cui non si attendevano decisioni (come il summit europeo dei giorni scorsi, sempre nella capitale britannica: i maliziosi notano che quella di non prendere decisioni ai vertici internazionali è la nuova politica temporeggiatrice del leader laburista, ansioso di passare ad altri a fine dicembre il testimone della presidenza della Ue e del G8). Oltre ai ministri dell’Energia degli otto paesi più industrializzati della terra (Stati Uniti, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada e Russia), vi hanno partecipato i responsabili di cinque paesi emergenti, Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa, e di altri con un peso considevole in materia energetica, Indonesia, Spagna, Polonia, Nigeria, Australia, Corea del Sud. In vista dei prossimi appuntamenti, quale il summit Onu sull’energia a Montreal a fine novembre, la parola d’ordine è dunque ‟camminare, non correre”. Purchè per rallentare non ci si fermi del tutto.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …