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A volte, nonostante tutto, la televisione mostra immagini così vere e crude da rendere le parole dei giornali quasi vacue, come se il loro compito fosse addomesticare le notizie invece che offrirle nella loro imbarazzante verità. Accade a Roma, in fondo alla via Tiburtina, dove al tg di venerdì sera, su Rai Tre, ho assistito all’esecuzione di uno sfratto (con tanto di fabbro, polizia e altri tecnici) di una donna anziana e sola, inerme e in precarie condizioni di salute. L’accompagnavano in strada uomini con la divisa, le sue ‟cose” ammucchiate in sacchi neri da immondizia. Un altro uomo anziano, anch’egli sfrattato, con appuntato al soprabito lo stemma di ‟cavaliere”, ha fatto il gesto di strapparselo dichiarando che quanto stava accadendo non è da terzo, bensì da ‟ottavo mondo”. La povertà. Venivo informato così che in Italia c’è licenza di sfratto per gli invalidi, gli anziani, gli infermi. Di fronte a immagini così agghiaccianti ho sentito la mancanza di rappresentanti del mondo politico - in carne e ossa - a protestare, condividere, rendere fisicamente testimonianza della gravità dell’accaduto. Ricordando le mobilitazioni per protestare contro i tagli alla cultura ho anche pensato, a caldo, che piuttosto di assistere a scene così preferirei una moratoria di tutte le attività culturali per sei mesi o un anno.
Che le parole dei giornali e dei politici siano spesso fallimentari, lo mostra in questi giorni la formula sulle periferie ‟a rischio rivolta”: che attesta che, nel migliore dei casi, ce ne occupiamo in ritardo, e solo in quanto problema di ordine pubblico - non per la miseria e il degrado pregressi.
Per dare un esempio di linguaggio nudo e vero, traduco qui un raccontino fulminante dello scrittore inglese Magnus Mills, tratto da Once in a blue moon . Eccolo. ‟Mi rincresce dirle che i suoi genitori sono morti”, disse il direttore della scuola al ragazzo. ‟Sono stati uccisi nelle più orribili circostanze. La sua famiglia è bruciata e ridotta in cenere, e i suoi tre fratellini sono scomparsi. Non avrà più alcun mezzo di sostentamento. Devo dunque chiederle di lasciare subito la scuola, dal momento che non potrà pagarne le spese. Prima di partire si ricordi però di completare i compiti arretrati e consegnarli. Deve anche rifare il letto, in tempo per l’ispezione della governante”. Camminò verso la porta e indugiò tenendola aperta. ‟Bene, allora buona fortuna, disse. E stia attento: gli assassini dei suoi genitori sono ancora in giro”.
Beppe Sebaste
Beppe Sebaste (Parma, 1959) è conoscitore di Rousseau e dello spirito elvetico, anche per la sua attività di ricerca nelle università di Ginevra e Losanna. Con Feltrinelli ha pubblicato Café Suisse e altri luoghi di sosta (1992), Niente di tutto questo mi appartiene (1994), Porte senza porta. Incontri con maestri contemporanei (1997; poi ripubblicato in Il libro dei maestri. Porte senza porte rewind, luca sossella, 2011). Tra i suoi ultimi libri, Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne e Oggetti smarriti e altre apparizIoni, entrambi con Laterza. Per Feltrinelli ha curato e tradotto ne "I Classici" Le passeggiate del sognatore solitario di Jean-Jacques Rousseau (2012) e I miei amici di Emmanuel Bove (nuova ed. 2015).