Giorgio Bocca: Devolution. L'Italia ridotta a pezzi

22 Novembre 2005
L'Italia dei sogni e degli imbrogli ha votato la devolution, cioè un trasferimento di poteri dallo Stato unitario alle Regioni che, a dirlo così, sembra una riforma civile e meritoria se in pratica non consistesse, nel desiderio dei piccoli corpi amministrativi di partecipare anche loro alla spartizione dei soldi e dei privilegi, come dimostra la gran voga del viaggio a New York, a sbafo, di consiglieri regionali con mogli o amanti.
Che cosa pensano gli italiani quando vedono sui giornali articoli e fotografie sul "trionfo di Bossi"? Pensano che la sua clientela elettorale passerà presto alla cassa. Una riforma dello Stato si giudica dalla classe di governo che produce.
Ebbene, nel paese Italia così come è, e non come lo si sogna, gli anticipi di devolution sono stati disastrosi. È di questi giorni lo scioglimento in Campania di cinque consigli di comuni-città di oltre centomila abitanti e di decine di Asl sanitarie. La vecchia tesi che il mancato sviluppo del Sud dipendeva dalla mancanza di capitali, di soldi, si è dimostrata falsa. Il Sud, da quando se ne interessa l´Europa, non è mai stato così ricco di soldi anche se purtroppo resta legato ai suoi vizi e alle sue clientele. In una grande regione, la Sicilia, siamo alla mafia che finge di avere schifo di se stessa, in altre si invoca l´intervento dell´esercito e perfino il ricco e civile Nord, la ricca e civile Milano se vuole avere amministratori capaci pensa a un medico di chiara fama o a un prefetto. Gli anticipi di devolution in tutte o quasi le regioni si sono tradotti in una moltiplicazione di uffici e stipendi e in iniziative dispendiose tipo la sede a Manhattan della Regione Campania.
Il "trionfo" di Bossi è, lo sappiamo tutti, un falso trionfo legato a filo doppio al carro di Berlusconi che di trionfi apprezza solo i suoi, ma comunque un trionfo preoccupante. Perché una costante della Lega di Bossi partita come reazione alla partitocrazia, al craxismo, allo Stato soffocante, alla burocrazia dei "terroni" è stata poi di puntare regolarmente al peggio: il duce Bossi che allora parlava di una Lega "partigiana" è passato armi e bagagli al governo della destra assieme agli eredi della Repubblica di Salò e magari di questo schieramento retrogrado è il più retrogrado. Il suo ribellismo autonomista si è saldato con quello affaristico di Berlusconi, la Lega come causa-effetto della crisi dello Stato, l´ha peggiorata anziché curarla. Questa vocazione al peggio, questa scelta automatica del peggio autorizza a diffidarne. Nella vita culturale della Lombardia non hanno trovato di meglio che rifugiarsi in una mitologia druidica, l´ampolla alle sorgenti del Po, il sole delle Alpi e oggi come candidati agli Ambrogini d´oro del Comune la Fallaci e il vescovo di Como Maggiolini, massimi esponenti del partito delle crociate...
La devolution, dentro lo sfascio, è una bomba a orologeria che esploderà nella fragile unità del Paese. Sembra che la classe dirigente italiana non si renda conto della crisi profonda della democrazia e della stessa unità della nazione. Cinque regioni del Sud sono praticamente ammalate di mafia. Per più di mezzo secolo abbiamo affidato la difesa dello Stato ai suoi migliori ufficiali, prefetti, questori, giudici, poliziotti che hanno anche sacrificato la vita per difendere la Repubblica unita e democratica. Una Repubblica che si proclama fondata sulla Resistenza e sul lavoro, retorica fin che si vuole, ma sempre meglio di quella celtica. Perché uno degli aspetti peggiori delle combine fra leghismo e berlusconismo è la confusione delle idee e dei programmi, la licenza generale a cambiar gabbana: un neofascismo che vota contro l´unità del Paese, un solo deputato di Alleanza nazionale, il professor Fisichella, che abbia il coraggio di dichiarare che la devolution non fa parte della sua cultura e non si sa bene dove sia finito quel Fini che in una intervista mi dichiarava che del fascismo apprezzava la prevalenza della politica sull´economia. Più che di autonomia la Lega è stata una scuola di trasformismo mediocre, di un dire e disdire continuo, di una politica fabbricata nelle cene ad Arcore del sabato sera, furbizia dopo furbizia, del padrone di casa e del suo comprare. Lo Stato nazionale è in crisi, la democrazia degli affari è deludente ma le devolution, da noi e nelle democrazie deboli, sono morte prima di nascere, sono finzioni grossolane volute da leader che vogliono aumentare il loro potere, di clientele che vogliono più favori, più soldi. Un fenomeno dice Dahrendorf ‟moderno o addirittura postmoderno nel caso migliore i leader sono demagoghi, nei peggiori dei dittatori in pectore”.
L´alleanza tra Bossi e Berlusconi che ha partorito la devolution è, a ben guardare, un´alleanza di affari. A entrambi e ai loro attivisti e cortigiani va bene uno Stato che non funziona, un federalismo come in Russia dove le mafie criminali ed economiche possono fare i loro comodi, dove l´autonomia consiste in nuove dittature camuffate. Gli va bene anche la demagogia che ignora che il federalismo, come la democrazia, funzionano dove ci sono dei dirigenti onesti e colti. Il problema non è se siano formalmente di destra o di sinistra. La destra storica in Italia costruì la nazione, dotò di strade, di ferrovie, di scuole. Ma nell´alleanza fra Lega e berlusconismo di classe dirigente costruttrice di una nazione non si vede neppure l´ombra, si vedono solo appetiti gagliardi e promozione di cortigiani affaristi.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …