Massimo Mucchetti: Banche, l’interesse delle coop non finisce con l’Opa di Consorte

23 Gennaio 2006
Unipol ha preso atto del veto che la Banca d’Italia sta per mettere all’Opa su Bnl, ma la probabile archiviazione del progetto non riporterà le lancette dell’orologio al punto di partenza. Grande è l’incertezza determinata dalle inchieste giudiziarie, e tuttavia due fatti ormai emergono: 1) Unicoop Firenze e le consorelle toscane stanno investendo nel Monte dei Paschi, e questo vuol dire che l’interesse della cooperazione per le banche non finisce con Consorte, ma prosegue in forme diverse; 2) la rinnovata presenza delle coop in Unipol e Monte dei Paschi getta un ponte tra i due poli della ‟finanza rossa”. Che si arrivi a un’alleanza vera e propria resta da vedere, e certo non appare probabile che possa avvenire sul fronte Bnl. Eppure, i numeri sono curiosi. Unipol ha quintuplicato le dimensioni negli ultimi 5 anni, ma ha una redditività inferiore ai concorrenti. Il suo ritorno sul capitale, a fine settembre, è pari al 10,1% contro il 17,8% di Generali, il 17,7 di Fondiaria-Sai, il 15,8 di Toro e il 15,1 di Ras. Prima di cominciare la campagna Bnl, aveva 800 milioni in eccesso ai quali si sono aggiunti i 2,6 miliardi dell’aumento di capitale. Poiché non sappiamo se Unipol conserverà o meno una partecipazione in Bnl, è difficile dire adesso quanta liquidità si renderà libera, ma sarà comunque una bella somma da reinvestire o restituire ai soci. Diversa è la situazione di Finsoe, la holding delle coop che controlla Unipol: il suo aumento di capitale è già investito nella compagnia e restano alcune centinaia di milioni di debito. Al momento, niente di preoccupante, ma niente eccedenze. Il Monte dei Paschi è il secondo azionista, con il 27%, di Finsoe. Nel 2005 ha migliorato i risultati, ma il suo ritorno sul capitale, pari al 12,6%, rimane inferiore a quelli di Unicredito (20,8%), Intesa (18,2%), Sanpaolo Imi (17,4%) e Capitalia (13,2%). Del resto, i costi di gestione assorbono ancora il 63% del margine di intermediazione e del risultato della gestione assicurativa: 10 punti in più di Unicredito e Intesa, 7 in più di Sanpaolo Imi. Come Unipol, dunque, il Monte guadagna abbastanza poco, ma, diversamente dai bolognesi, non si può giustificare con i costi di uno sviluppo tambureggiante: non ha guadagnato posizioni; anzi, si è allontanato dai primi, dei quali può ora diventare preda. Sul piano patrimoniale il Monte non è fragile, ma nemmeno fortissimo: le sofferenze rappresentano l’1,9% degli impieghi contro il 4,1% di Capitalia. Secondo i vecchi principi contabili, avrebbe un’eccedenza di capitale di 1,9 miliardi, ma l’applicazione degli Ias secondo le ultime istruzioni della Banca d’Italia potrebbe limare qualcosa e, soprattutto, gli amministratori si sono dati l’obiettivo di portare il core tier 1 dall’attuale 6,3 a 7 entro quest’anno. Dunque, la capacità di investimento è limitata. Ben diversa appare la situazione della Fondazione Mps, che possiede il 49% delle azioni ordinarie della banca più un 9% di privilegiate: partecipazioni che valgono circa 6 miliardi. Se non saranno accolti i ricorsi contro l’emendamento Eufemi, la Fondazione dovrà scendere al 30% e avrà un’interessante alternativa: ricollocare le quote eccedenti in mani amiche (le coop toscane non bastano) e reinvestire i 2 o 3 miliardi che si ritroverebbe in cassa, o fare una grande fusione per diluire la quota senza disinvestire. Da qui a ipotizzare aggregazioni tosco-emiliane ce ne corre: per ragioni di business e di campanile. Ma queste asimmetrie incrociate tra compagnia e banca e tra i rispettivi padroni son davvero curiose.
Con la consulenza tecnica di Miraquota

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …

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