Marina Forti: Gli iraniani sono parte della società mondiale
La rete, intesa come Internet, è il punto d'osservazione privilegiato per l'ex vicepresidente. In effetti Abtahi è noto ormai in Iran soprattutto come l'autore di un weblog molto seguito; vi scrive da due anni e mezzo (‟non ho saltato un solo giorno”) e ha una media di 20mila visitatori quotidiani: ‟Nel mio weblog non ho link ad altri siti, quindi chi visita non è di passaggio. Sono arrivato a picchi di 37mila, nel periodo delle elezioni”. Ha notato dei cambiamenti nei suoi interlocutori? ‟Sì, elezioni presidenziali di giugno sono uno spartiacque. Prima, quando scrivevo che "dobbiamo partecipare al voto, prendere in mano il nostro destino", avevo risposte scettiche. Dicevo: se gli iraniani fossero scesi per strada, il giorno del colpo di stato contro Mossadeq [il premier che nel 1952 nazionalizzò il petrolio e fu rovesciato da un complotto americano e britannico, ndr], forse avremmo evitato 25 anni di dittatura; se andremo a votare salveremo le riforme. Dopo le presidenziali il tono è cambiato. Molti erano sotto shock, e lo sono ancora”.
Perché un mullah, per di più con un ruolo pubblico, scrive un blog? Abtahi ride: ‟Sono sempre stato attratto dai mezzi di comunicazione. Quando avevo 17 anni, alla scuola dei mullah, avevo avuto una piccola telecamera e volevo sempre filmare tutto. Quando è arrivata internet ho cominciato subito a lavorarci. Ai tempi della vicepresidenza scrivevo a volte sui giornali ma ero tenuto a una certa formalità: sulla rete ho trovato uno spazio più informale. Certo, poiché avevo un ruolo nel governo avevo anche molti occhi puntati addosso”. In effetti Abtahi è stato accusato di sostenere sul suo blog idee troppo libere circa i costumi e la società, soprattutto quando nel parlamento è tornata una maggioranza conservatrice ad assediare il governo di Khatami. ‟Ora ho più libertà? Sì, ma mi mancano gli spunti che avevo come insider... Però continuo”.
I suoi interlocutori sul web sono per lo più giovani e di centri urbani, spiega; classe media o comunque buona scolarizzazione, in parte uguale donne e uomini (ride: ‟le donne mi mandano messaggi personali, gli uomini commenti verbosi”); solo il 35% scrive dall'estero. ‟Scrivono di solito i membri più forti della famiglia, i più istruiti e consapevoli. Grazie a loro, anche chi non usa internet viene a conoscere ciò che circola in rete”.
Purtroppo, continua Abtahi, al di fuori del web (‟che non è ancora alla portata di tutti”) i riformisti non riescono a far sentire le proprie opinioni. ‟Non abbiamo accesso i media: la tv è di stato e i giornali sono supercontrollati. La società civile organizzata in Iran è fragile; lo stato ha sistematicamente impedito lo sviluppo di forze politiche o di organizzazioni non governative. Al momento la cosa migliore che possiamo fare è mettere in luce le debolezze del sistema. Ad esempio: il presidente ha vinto, oltre che grazie una certa manipolazione del voto, per i suoi slogan sull'economia, la corruzione, i poveri. Ma da quando è insediato punta tutto sulla politica estera, l'agitazione patriottica sul nucleare”, scordando le promesse di giustizia sociale. ‟L'energia nucleare è un nostro diritto, ma questo governo ci sta portando a uno scontro che non è nell'interesse del paese. Non dimentichiperò che gli iraniani sono giovani e fanno parte di una società globale. Che il potere lo voglia o no, non potranno impedire il cambiamento”.