Vanna Vannuccini: Iran. Prime aperture al negoziato

19 Giugno 2006
Il presidente iraniano Ahmadinejad si è pronunciato per la prima volta positivamente sulla proposta fatta dai 5+ 1 (le cinque potenze che hanno diritto di veto al Consiglio di Sicurezza più la Germania), e illustrata a Teheran da Solana, per trovare una soluzione alla controversia nucleare con l’Iran. ‟È un passo avanti” ha detto a Shanghai, dove l’Iran era stato invitato a partecipare come osservatore alla riunione della Shanghai Cooperation Organization (Sco). ‟Ho dato istruzione ai miei colleghi di esaminarla con attenzione”, ha precisato smentendo implicitamente le voci secondo cui non sarebbe lui ma unicamente il leader supremo Khamenei a decidere sul dossier nucleare. ‟Gli iraniani daranno una risposta a tempo debito”, ha aggiunto, senza precisare la data, che gli europei ritengono non debba andare oltre la fine di giugno. Le parole di Ahmadinejad sono apparse come un’apertura, che sembrava premiare lo sforzo fatto dai 5+1 di evitare nella proposta di parlare di sanzioni, limitandosi a un pacchetto di incentivi sufficientemente generosi per spingere l’Iran a sospendere le attività di arricchimento dell’uranio almeno fino a quando non si sia ristabilita la fiducia. Ma il sollievo è stato di breve durata. Perché nel corso dello stesso discorso Ahmadinejad non ha rinunciato a pronunciare un altro attacco contro l’Olocausto, ben consapevole di provocare una reazione allarmata in tutto il mondo, e in particolare in Israele. Ha usato toni meno accesi di quelli che usa in patria. ‟L’Olocausto deve essere oggetto di una indagine condotta da soggetti imparziali” ha ripetuto ‟e comunque, se è avvenuto, a farne le spese non può essere la Palestina”. Ha sottolineato che il problema ‟non sono gli ebrei ma il sionismo”, concedendo che ebrei cristiani e musulmani sono tutti degni di rispetto di pari diritti e dignità. Usare il bastone e la carota, fare un passo di avvicinamento e smentirlo subito dopo, è una tattica conosciuta della Repubblica islamica. Il problema è però che nessuno sa veramente in occidente se si tratti di un modo di condurre la trattativa, come al bazaar, per estrarre il massimo sul tavolo negoziale; oppure se l’ala radicale del regime islamico abbia in mente un disegno completamente diverso: non voglia cioè il compromesso con l’occidente ma ambisca all’obbiettivo opposto, quello di creare una potenza islamica, nella quale l’Iran avrebbe un ruolo preminente, un polo contro l’occidente e contro la potenza americana. Nemmeno si sa con qualche ragionevole certezza se l’ala radicale, finora considerata minoritaria all’interno della nomenklatura religiosa, lo sia veramente, o goda invece del pieno appoggio del leader supremo Khamenei, che finora ha sempre sostenuto le posizioni del presidente. Giovedì Khamenei aveva ribadito che l’Iran non si piegherà a nessuna pressione e che ‟il perseguimento dello sviluppo scientifico (la frase di prammatica per dire l’arricchimento dell’uranio) è un obbiettivo essenziale per il paese, ancor più che l’estrazione del petrolio” (da cui l’Iran ricava l’80 per cento dei propri introiti valutari). L’Iran sperava di entrare a far parte della Sco, un’organizzazione fondata dieci anni fa da Cina, Russia e le repubbliche dell’Asia Centrale, e Ahmadinejad ha cercato di allettare i paesi membri offrendo ampia collaborazione in campo energetico. Ma la Cina aveva detto già prima dell’inizio della conferenza che ancora non ci sono le basi legali per accogliere nuovi membri.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …