Joachim Fest: Caro Grass lei non è un santo

22 Agosto 2006
«Il giovane Joseph Ratzinger fu arruolato a forza dai nazisti, e solo come ausiliario nella contraerea. Il giovane Günter Grass invece si presentò volontario. E tra la contraerea e le SS c' era una bella differenza davanti alla Coscienza del mondo. Ma vogliamo scherzare? Una cosa era aiutare obbligati i cannonieri antiaerei contro i bombardieri alleati, altro era vestire volontari l'uniforme di chi massacrava partigiani sovietici, ebrei polacchi o donne e bambini francesi a Oradour-sur-Glane. Chi, come Franca Rame, chiede di criticare il Papa non meno di Grass, non sa o non vuole né pensare né ricordare la Storia». Joachim Fest, cofondatore della Frankfurter Allgemeine e massimo storico vivente del Terzo Reich, ha commenti durissimi sul caso del grande scrittore e della sua confessione a sorpresa, dopo 60 anni di silenzio, di aver indossato da giovane l' uniforme delle famigerate Schutz-Staffeln naziste. Grass si è detto insultato. Che ne dice? «E' stato Grass a insultare sia l' opinione pubblica per decenni sia i molti avversari che accusò da una pretesa posizione morale di santità immacolata. Adesso vediamo che quella santità immacolata era il nulla». I suoi avversari - afferma lo scrittore- vogliono farne una "non-persona". Che ne pensa? «Che significa una non persona? Dichiarare qualcuno una non persona vuol dire volerlo cancellare dalla Storia. Lui non può vietare di fare i conti con il suo passato taciuto fino a ieri dicendo che ciò equivale a trattarlo come una non persona. Non si sfugge così al dibattito. Al contrario, parlando tanto di lui si fa di lui ben più di una persona qualunque. Ma in queste sue reazioni insensate viene fuori la sua supponenza». Che significa il caso Grass per la coscienza collettiva della Germania d' oggi? «Non molto, in fondo. Non diamogli troppa importanza. Sospetto che sia anche un' efficace trovata mediatica-editoriale per lanciare il suo libro. Lui non è più tanto popolare come prima, forse ha cercato di attirare l' attenzione sul prossimo libro. E c' è riuscito». Dovrebbe restituire il Premio Nobel, come alcuni chiedono? «No, no, no. Dovrebbe tacere un po' . Ma il Premio Nobel, credo che non sia nemmeno possibile restituirlo. Al massimo si può offrire la somma del premio a istituzioni benefiche, e mi pare lui l' abbia già fatto. Insisto, dovrebbe tacere per un po' di tempo, sarebbe meglio». Lei ha detto di non credere al racconto di Grass, secondo cui si arruolò volontario in Marina e finì poi non volendolo nelle SS. Perché? «Perché lo so per esperienza personale. Io negli ultimi anni e mesi di guerra ero nella stessa situazione di Grass: abbiamo la stessa età. Decisi di arruolarmi volontario, ma nell' esercito, non nelle SS, sfidando mio padre. Sa perché? Perché con molti coetanei capii a tempo che arruolarsi volontari nella Wehrmacht era l' unico sistema sicuro per evitare di finire coscritti a forza nelle SS. Erano due canali ben distinti». Suo padre era contrario. Perché lei lo sfidò? «Lui era un pubblico funzionario, perse il lavoro pochi mesi dopo la vittoria di Hitler nel '33 perché rifiutò di identificarsi nel nazismo. E rifiutava ogni compromesso, fino all' ultimo. Io pensai che era invece meglio ingoiare un pesante compromesso, l' esercito regolare, pur di evitare il peggio, cioè l' arruolamento nelle forze speciali naziste. Era l' unico sistema: sul finire della guerra le SS avevano fame di giovani quadri ben preparati. Fu uno scontro durissimo. Poi, dopo la guerra, papà mi perdonò in un tipico modo tedesco: "Io avevo comunque ragione, ma tu non avevi torto"». Perché suo padre era più intransigente di lei? «Lui diceva: non ci si può in nessun caso presentare volontari per Hitler e la sua guerra. E' un criminale, conduce una guerra criminale. Io gli risposi: o soldato volontario, o arruolato per forza nelle SS, nelle schiere dei massacratori». Lei sta per narrare tutto nelle sue nuove memorie, dal titolo Io no. Come ricorda quell' epoca: era possibile agli adolescenti resistere alla seduzione dell' ideologia totalitaria nazista? «Il Terrore paralizzava idee di Resistenza. Ma rifiutare il nazismo era possibile a chi come me aveva, in una buona famiglia borghese, un' altra educazione, altri principi. Ciò non era possibile per la maggioranza del popolo. Che non aveva altri valori e orientamenti». Come mai il suo prossimo libro s' intitola Io no? «E' una citazione della Bibbia. San Pietro dice "Anche se tutti ti tradiranno, io no". Era il motto con cui mio padre condannava il modo della massa di piegarsi a Hitler. Il modo in cui ci insegnò a non sottometterci al conformismo e alla tirannide». La differenza tra lei è Grass è anche, se capisco bene, che lei narrò decenni fa il suo passato militare e lui tacque il suo per decenni? «Vede, molti furono per Hitler e poi, nel dopoguerra, tentarono di trasformarsi in eroi della Morale. Penso a Walter Jens, a molti altri giovani intellettuali di allora. Grass fu solo uno dei più importanti di loro, non il solo. Chi come me non aveva nulla da rimproverarsi ha forse taciuto troppo a lungo contro di loro. Mio padre diceva: la morale è ovvia, è ovvio che non si costruiscono campi di concentramento e non si uccide. Ma bisogna arrivarci, bisogna avere principi etici». Come cambierà ora il ruolo di Grass, sarà ancora la grande voce di coscienza morale della sinistra europea? «Quel ruolo è finito con questa vicenda, credo. Non so se avrà un altro, nuovo ruolo. Forse no. Anche se la polemica poi si calmerà. Resterà la memoria delle migliori tra le sue opere». Vede un rapporto tra il fascino "antiborghese" del nazismo, descritto da Grass, e il radicalismo antiboghese, antioccidentale, antiamericano di Grass dopo la guerra? «Essere antiborghesi è un punto di contatto tra estrema sinistra ed estrema destra». La sinistra europea e i suoi intellettuali cosa dovrebbero imparare dal caso Grass? «A essere un po' più modesti e moderati nel giudizio degli altri. Se ricordo come Grass ha insultato senza pudore tanti cancellieri, da Adenauer, a Kiesinger, allo stesso Helmut Schmidt, insisto: a volte è meglio imparare a tacere». Grass ora diventerà un simbolo negativo dell' ambiguità postbellica della Germania che egli ha criticato per decenni e poi in segreto incarnava? «Non so, ma non credo. Si dimenticherà presto questa storia». Si parlò a lungo della vostra generazione di costruttori del dopoguerra tedesco come "Flakhelfergeneration", la generazione dei minorenni arruolati a forza come ausiliari della contraerea: gente come il Papa, come Helmut Schmidt, come lei stesso~vi appartiene anche Grass o ci sono differenze? Ha ragione Franca Rame a paragonare i casi di Grass e del Papa o no? «Le frasi della signora Rame confermano che a volte la sinistra non sa o non vuole pensare. Gente come Ratzinger o me fu di fatto costretta all' arruolamento in reparti generici. Altro è approdare volontari nelle SS dove si dovevano superare esami di fedeltà ideologica incondizionata al nazismo». Nei primi anni della Bundesrepublik molti nazisti furono riciclati. Era indispensabile? «Credo di sì, purtroppo. Il partito nazista aveva oltre 8 milioni di membri. Non si può escludere tanta parte del popolo. Molti furono costretti. Dopo il '45 mio padre partecipò alle commissioni di verifica dell' attendibilità democratica dei funzionari. Mi raccontò di aver perdonato un impiegato che disse di essersi iscritto al partito nazista per poter sfamare i suoi tre figli. In famiglia gli dicemmo "ma tu non prendesti la tessera, e noi figli eravamo cinque". Lui rispose: "Sì, ma se davvero quell' uomo fu mosso dall' emergenza e poi non si macchiò di denunce o altri crimini, non me la sentivo di condannarlo"». Come ha fatto Grass a tenersi per decenni la macchia della colpa e del silenzio? «Moralmente non è importante se egli abbia sofferto o no del suo silenzio, ma il fatto che ha scelto di tacere fino ad oggi. Se vogliamo fargli troppo onore diciamo che attaccava la Germania postbellica, ma facendolo, nel segreto del suo animo attaccava se stesso».

Günter Grass

Günter Grass (Danzica 1927 - Lubecca 2015) ha raggiunto la massima notorietà con Il tamburo di latta, pubblicato nel 1959 (Feltrinelli, 1962, nuova edizione 2009). Delle sue opere successive ricordiamo: …