Inge Feltrinelli: io, tradita da mio fratello Günter

12 Settembre 2006
Al Festivaletteratura oggi arriva Daniel Kehlmann, trent’anni, uno degli scrittori tedeschi più noti della sua generazione (La misura del mondo, tradotto in Italia da Feltrinelli ha venduto in Germania 450mila copie) e non si può non parlare del caso che ha sconvolto il mondo culturale tedesco: la confessione di Günter Grass della sua appartenenza giovanile alle SS. Non si può soprattutto se con lui c’è Inge Feltrinelli, nata e cresciuta a Gottinga, amica storica di Günter Grass e sua prima editrice (nel 1972 pubblicò in italiano Il tamburo di latta, che per il cinquantenario, nel 2009, verrà riedito con una nuova traduzione). Inge Feltrinelli non ha ancora digerito il tradimento di quello che definisce ‟un fratello”, Kehlmann è più freddo. Così l’incontro si trasforma in un confronto tra due generazioni lontane, accomunate però dalla convinzione che quella del nazismo in Germania sia una ferita ancora sanguinante. ‟Per me è stata una rivelazione terribile - dice Inge Feltrinelli -. Non riesco ad accettarla. Ho la stessa età di Günter. Abbiamo sofferto tutti enormemente dopo la guerra, quando sono emersi in tutto il loro orrore i crimini del nazismo. Abbiamo dovuto fare una sorta di rieducazione politica, lui è rimasto fino al processo di Norimberga un giovane nazista”. Inge Feltrinelli al suo amico non concede neppure la scusa dell’età: ‟A 16 anni si è abbastanza maturi per capire che cosa succede, non si è così ingenui. Forse per Daniel Kehlmann è diverso perché non ha vissuto personalmente quei momenti”. ‟In effetti io non ho capito subito la portata della notizia - risponde lo scrittore -. Tutto sommato non mi sembrava una colpa così orribile. Mi chiedevo: era un ragazzino, che cosa ha fatto di male? Non ha nemmeno sparato. C’è chi ha fatto di peggio. Non mi pareva minimamente paragonabile ai casi di Hamsun o di Heidegger sostenitori molto più attivi del nazismo. Poi ho capito che è soprattutto un fatto simbolico. Le SS rappresentano l’esercito del diavolo. Non puoi stare con il diavolo”. Inge Feltrinelli del suo mito infranto ha parlato con molti scrittori e amici sparsi per il mondo, anche con un altro premio Nobel, Nadine Gordimer, per cercare di capire, di darsi una spiegazione: ‟Per noi tedeschi lui era il grande moralizzatore, il predicatore. Era il Pasolini, il Sartre della Germania. Oggi non c’è più, in tutto il mondo, un intellettuale impegnato come lui. Anche in America non c’era una voce forte, autorevole come la sua: Bellow, Roth, Miller, nessuno ha avuto questo impatto sulla società civile. Non dimentichiamo che Willy Brandt non sarebbe diventato cancelliere senza Grass, che si è speso moltissimo per lui, gli ha fatto quasi da portavoce. È stato grazie a Günter che Brandt si è messo in ginocchio davanti al monumento dei morti del ghetto di Varsavia, un gesto storico. Gli anni dopo la guerra in Germania erano cupissimi, Grass è stato un forte catalizzatore intellettuale, un motore della rinascita civile del Paese”. Forse anche un po’vittima di questo ruolo, secondo Kehlmann: ‟Ha preso posizioni impopolari. Si è schierato contro il ‘68 facendosi odiare dai giovani, poi contro la riunificazione delle due Germanie. L’impressione è che ci sia stata su di lui una forte pressione dell’ambiente intellettuale tedesco che l’ha investito del ruolo di guru, come se la società ne avesse un bisogno vitale”. Su questo punto si capisce anche la differenza tra Daniel Kehlmann e Inge Feltrinelli. Se per l’editrice la delusione è cocente proprio per quel ruolo di guida morale che Grass incarnava, Kehlmann non crede che ‟il compito di uno scrittore sia di essere un punto di riferimento civile” anche se, dice, ‟non dobbiamo dimenticare che a Borges aver incontrato Pinochet è costato il premio Nobel”. Ciò che l’editrice rimprovera a Grass è soprattutto di non aver parlato prima: ‟Capisco che abbia avuto paura, vergogna. Ma di occasioni per parlare ne ha avute moltissime. Quando nel 1985 ha aperto la bocca per denunciare Helmut Kohl e Ronald Reagan che erano andati a visitare il cimitero di guerra di Bitburg dove erano sepolti 24 ufficiali delle SS, poteva dire "so quanto sia grave perché anch’io sono stato una SS". Invece è sempre stato zitto”. All’ipotesi che Grass abbia parlato con sessant’anni di ritardo solo per fare pubblicità al libro non crede nessuno dei due. ‟È troppo banale, volgare - dice Inge Feltrinelli -. Io so che la casa editrice Steidl in agosto ha mandato 550 copie del libro ai giornali con l’accordo che non se ne parlasse fino al primo settembre. Poi, improvvisamente, due settimane prima, arriva questo scoop della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Non so, c’è qualcosa che non torna. Poi sai che soddisfazione per tanti vecchi nazisti che ancora ci sono poter dire: ecco il vostro guru di sinistra che cos’era. Si sentono tante voci: anche che lui abbia voluto anticipare il fatto che nel 2007 la Stasi desecreterà i documenti degli archivi”. Per Kehlmann, invece, è probabile che Grass non abbia parlato prima perché non aveva ancora trovato, anche dal punto di vista letterario, il modo per esprimere questo segreto che diventava sempre più grande. ‟Poi deve aver pensato che se questa cosa fosse uscita dopo la sua morte sarebbe stato peggio, non avrebbe potuto difendersi. Certo è strano che nessun altro sia riuscito a scoprirlo prima. Forse il giornalismo investigativo non è in grande forma. Anche il biografo Michael Jürgs che adesso dice di sentirsi tradito, forse avrebbe dovuto cercare di scoprirlo da solo”. Che il segreto sia rimasto così ben conservato, che in sessant’anni non sia mai venuto fuori un ex-compagno, un vicino, un amico, Inge Feltrinelli lo spiega con il fatto che Grass ‟ha vissuto a Danzica, in un ambiente molto chiuso, isolato” in un momento di grande confusione. ‟Forse - dice Kehlmann - qualche indizio ce lo danno ancora i suoi libri, dove appaiono spesso, come un filo rosso, questi bambini cattivi, capaci di fare il male”. Su un’altra cosa Inge Feltrinelli e Kehlmann sono d’accordo: che la confessione di Grass non può essere un passo per la riconciliazione del popolo tedesco con il proprio passato, anche più oscuro. ‟La cicatrice - dice Inge Feltrinelli - deve restare aperta. Come scrive Adorno, dopo Auschwitz non si può più fare poesia. Chi, come Bernard-Henri Lévy, parla di un clima di autoassoluzione collettiva che si respirerebbe in Germania, si dimostra superficiale, non sa nulla dei tedeschi”.

Günter Grass

Günter Grass (Danzica 1927 - Lubecca 2015) ha raggiunto la massima notorietà con Il tamburo di latta, pubblicato nel 1959 (Feltrinelli, 1962, nuova edizione 2009). Delle sue opere successive ricordiamo: …