Giovanni Pons: Telecom. La lunga corsa del debito tra scalate e affari sbagliati

15 Settembre 2006
Da quando è stata privatizzata, nell’ormai lontano settembre 1997, i debiti della Telecom sono sempre stati sotto i riflettori. In particolare l’attenzione si accende nel giugno 1999, al termine della scalata condotta da Roberto Colaninno, quando il debito Telecom assume dimensioni non facili da sostenere. La gran parte di esso è collocato a monte della catena societaria, nella Olivetti, dove vengono stipati 19,2 miliardi di euro, mentre nelle società sottostanti del gruppo Telecom pesano soltanto 8,1 miliardi.
Da lì in poi è un crescendo rossiniano: a fine 2000 i debiti complessivi sono già saliti a 38,7 miliardi a causa di acquisizioni azzardate effettuate da Colaninno colpito dall’euforia della new economy. Quando tocca a Marco Tronchetti Provera prendere in mano la giostra Telecom, nel settembre 2001, il debito complessivo che Colaninno gli lascia in eredità è cresciuto ulteriormente a 43,4 miliardi, di cui 17,8 nel bilancio Olivetti e 22,6 miliardi due piani più in basso, nella Telecom. La manovra di risanamento è dolorosa ma necessaria e non rinviabile. Soprattutto occorre portare il debito di Olivetti a coincidere con i flussi di cassa generati dalla Telecom e dalla Tim, quest’ultima già allora gallina dalle uova d’oro. La manovra di risanamento avviata da Tronchetti Provera è ingente: 13 miliardi di svalutazioni sulle partecipazioni, una campagna di cessione delle aziende non strategiche per più di 14 miliardi, tre fusioni per accorciare la catena di controllo e portare il debito più in basso, aumenti di capitale a raffica su tutta la catena societaria per rendere possibili tali operazioni. Quando la situazione sembra ormai sotto controllo, con il debito sceso a 29,5 miliardi a fine 2004, e la Tim sana e liquida, Tronchetti Provera decide di complicarsi la vita. L’acquisto del 45% di Tim che è ancora sul mercato costa alla Telecom altri 14 miliardi di nuovi debiti che, insieme alle rettifiche necessarie per adeguarsi ai criteri contabili Ias, porta l’indebitamento complessivo al livello di guardia di 46,7 miliardi. È vero anche, però, che i flussi di cassa sono sempre più consistenti in quanto la telefonia mobile, ora controllata completamente, è una vera macchina da guerra. Si arriva così al giugno scorso quando l’ultimo dato sull’indebitamento parla di 41,3 miliardi, in crescita di 1,4 a causa dei forti dividendi distribuiti agli azionisti e quindi alla parte alta della catena. Nell’ultima conference call con gli analisti Tronchetti ha confermato l’impegno a far scendere il debito fin sotto i 33 miliardi per la fine del 2007. Questo vincolo è dettato soprattutto dalle società di rating, Standard & Poor’s in testa, che valutano pienamente sostenibile un indebitamento che non sia superiore di 3 volte la produzione di cassa della società, oggi pari a 12,5 miliardi all’anno ma in diminuzione per la maggiore concorrenza e pressione sui prezzi che si sta verificando in Italia in tutto il business telefonico. Per raggiungere questo obbiettivo Tronchetti Provera è seriamente intenzionato a privare la Telecom di un’altra importante partecipazione all’estero, la Tim Brasil, che se ceduta farà entrare 5 miliardi netti di cassa nella società. La S&P, che già da lunedi scorso ha messo sotto osservazione il rating della società telefonica per le possibili implicazioni del riassetto in atto, ha ribadito ieri ‟di ritenere l’obbiettivo di 33,5 miliardi di debito entro fine 2007 raggiungibile, ma parzialmente dipendente da ulteriori dismissioni e da continui sfruttamenti di sinergie”. In pratica, sostiene l’analista della società di rating americana Guy Deslondes, l’elevato indebitamento e le performance operative sottotono hanno reso i rating del gruppo ‟particolarmente vulnerabili a qualsiasi fattore di credito negativo o a qualsiasi maggiore incertezza nel business o finanziaria”.
Dunque, riepilogando, la situazione oggi è la seguente. Telecom è costretta a rincorrere la minore redditività del business telefonico italiano con continui abbassamenti del debito. Dopo aver venduto tutto ciò che è stato possibile vendere, compresi parecchi immobili alla Pirelli Real Estate, la prossima tappa riguarda la dismissione delle attività brasiliane lanciate pochi anni fa e oggi in forte crescita. Fatto questo, il debito scenderà intorno ai 31 miliardi e sarà pienamente sostenibile almeno fino a quando i margini di guadagno non si assottiglieranno ulteriormente. Ma è chiaro che per questa via non si va da nessuna parte, la Telecom rischia di scomparire e il titolo continuerà a scendere. Serve una scossa ed è per questo che si sta decidendo un radicale cambio di strategia. Quale essa sia ancora non è chiaro.

Giovanni Pons

Giovanni Pons lavora alla redazione milanese de ‟la Repubblica” come caposervizio dell'economia. Ha esordito a ‟Milano Finanza” e ha scritto successivamente per altri periodici specializzati: ‟Investire”, ‟Borsa & Finanza” e …