Michele Serra: La satira di "Cuore". Anche la "gente" era sotto tiro

25 Ottobre 2006
‟Cuore” fu la terza e ultima delle testate satiriche italiane in qualche modo discese dalla grande stagione libertaria dei movimenti, della rivoluzione sessuale, dell’antiautoritarismo. Prima vennero il capostipite ‟Male”, ferocissimo, anticlericale e allegramente cochon, legato all’anarchismo "cinico" del '77. Poi il ‟Tango” di Sergio Staino, fortemente politico, nato dentro ‟l’Unità” dall’implosione del partito-chiesa, geniale descrittore della secolarizzazione della sinistra. Infine, dalle ceneri di Tango, e rilevandone molti degli autori, nacque Cuore. Eravamo a cavallo tra gli '80 e i '90, in pieno riflusso. Gli anni di Craxi e del rampantismo, delle nostre maldestre reaganomics, e il paesaggio sociale italiano si prestava magnificamente alla satira. Se parlo di paesaggio sociale, prima ancora che politico, è perché quando fondai ‟Cuore” avevo in mente una specie di principio aureo: che la satira non dovesse occuparsi solo del potere (ruolo quasi istituzionale per i satirici), ma anche della "gente". Specchio l’una dell’altro: ogni popolo merita la sua classe dirigente. Cuore non credeva alla fola (allora molto in voga) del Palazzo malvagio e della società civile virtuosa. Fu così che il settimanale in carta verde, anche lui nato dentro ‟l’Unità”, conobbe la sua memorabile fortuna. Buona parte delle rubriche, delle vignette, dei titoli, prendevano di mira i costumi, i consumi, le ambizioni, le mode di quell’Italia post-ideologica, già gravida di Tangentopoli, immoralista e in fondo assolutamente ingenua nel reputarsi finalmente "moderna". Il successo fu clamoroso, con punte di 170mila copie e una vendita media, nei primi due anni, intorno alle 130mila. La scommessa, già allora provocatoria, oggi folle, di uscire in edicola senza pubblicità fu stravinta. Anche grazie all’amicizia e all’incoscienza dell’editore Gianpaolo Grandi, un manager editoriale che ci diede carta bianca rischiando faccia e portafogli. Fui un direttore dannatamente fortunato. Una piccola e valorosa redazione di giornalisti (Paterlini, Aloi, Robecchi, Banali, Marulli, Lia Celi), quasi tutti rubati al giornalismo "serio" anche per farne meglio la parodia, e uno stuolo di disegnatori, autori e fiancheggiatori nel pieno della loro stagione più energica. Già allora era in atto una velenosa polemica politica sulla "faziosità" della satira, in larga parte "di sinistra". Polemica malposta e cieca nel non cogliere il ruolo decisivo che quella lunga stagione satirica ebbe nella crisi e nella critica della sinistra stessa, descritta in tutte le sue ipocrisie e incertezze, orfana del dogma e trafelatissima nel darsi un contegno. Ci divertimmo, almeno per i primi anni, fino all’inverosimile, in una redazione bolognese colma di lettere, scritti e materiali inviati a quintali anche dai nostri lettori, molti dei quali divennero veri e propri corrispondenti locali. Il declino fu fisiologico: da lavoro compiuto, da ciclo esaurito. La satira è adrenalina e, alla sua maniera, arte. Non regge alla routine, non è "informazione", non è abitudine, e non per caso la vita media delle testate satiriche, con rarissime eccezioni, è breve. Se a dieci anni dalla morte di ‟Cuore” non è nata ancora una testata satirica di pari peso, credo che le ragioni fondamentali siano due. La prima è la concorrenza slealissima dei palinsesti tivù, che spesso chiedono ai satirici minore sforzo con massimo rendimento economico. La seconda, e la più significativa, è che i giornali di satira nascono sempre da un lavoro collettivo, da uno spirito di gruppo. La mia generazione ebbe la fortuna di averne parecchie, di queste occasioni. Per noi il fare era molto spesso collettivo, oppure non era. I nuovi autori, alcuni anche bravissimi, hanno destini individuali, nel solco di un’epoca fatta di solitudini e di impolitica. La crisi della politica è, inevitabilmente, anche crisi della satira.

Tutti i santi giorni di Michele Serra

Scrivere tutti i giorni, per anni, usando il materiale che la cronaca, la politica, il costume ci rovesciano addosso a ritmo forsennato. Scrivere cercando di rifare un poco di ordine, di ridare un minimo di significato alle notizie, agli umori pubblici e privati, alle proprie reazioni. Scrivere com…