Bangladesh. Sangue nelle strade di Dacca. La speranza è il Nobel Yunus
30 Ottobre 2006
La più caotica e trafficata metropoli dell’Asia sembra paralizzata dallo sgomento e dal terrore. Le violenze politiche degli ultimi tre giorni con 25 morti e oltre duemila feriti in tutto il paese sono cominciate qui, tra le strade dell’antica Dacca di Motijheel, Paldan Maidan e del porto fluviale di Sadarghat tappezzate da settimane di manifesti con il viso sorridente del neo Nobel per la Pace Muhammad Yunus e le scritte di congratulazione di partiti, associazioni, imprese private. Una coincidenza ironica e tragica, visto che l’annuncio del premio ha coinciso con la fine del mandato governativo del Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp) e l’inizio delle proteste dell’opposizione della Lega Awami per l’annunciata e poi annullata nomina a primo ministro temporaneo di un magistrato considerato uomo della maggioranza.
Improvvisamente ieri sera a ora di cena, dopo che le tv avevano trasmesso incessantemente i filmati di brutali pestaggi a morte da Dacca a Khustia, Kurigram, Bagerhat e Chittagong, (la città portuale del Sud dove Yunus ha fondato la Banca dei poveri Grameen che gli ha dato il Nobel) in diretta dal palazzo presidenziale un giudice della Corte Suprema in parrucca da Lord insediava ufficialmente sulla scottante poltrona di premier "facente funzione" un altro personaggio controverso, Iajuddin Ahmed, l’attuale presidente della Repubblica.
È stato quest’uomo dai legami altrettanto forti con il Bnp a decidere praticamente da solo (c’erano pochi rappresentanti della maggioranza e qualche diplomatico alla cerimonia) di assumersi l’onere di una scelta che potrebbe aprire una nuova pagina drammatica per un paese che dalle partizioni con l’India nel 47 e con il Pakistan nel 71 ha conosciuto decenni di miseria e violenze, oltre a 14 anni di dittature militari conclusi nel 90 con libere elezioni.
Oggi che il Bangladesh è diventato uno dei paesi più corrotti dell’Asia, con i partiti islamici fondamentalisti tornati a dominare la scena al fianco del partito di maggioranza, la stella di Yunus con il suo prestigioso riconoscimento internazionale sembrava brillare come una Cometa annunciatrice di novità e benessere. Il neo Nobel aveva infatti annunciato all’indomani del premio che sarebbe sceso personalmente in campo con un partito politico nuovo di zecca per lottare contro la corruzione al fianco del movimento chiamato "della Società Civile". Aveva anche accennato all’eventualità di prendere su di sé la responsabilità della carica di premier pro-tempore ‟se la situazione lo avesse reso necessario”. Ma in questi giorni Yunus non era a Dacca né a Chittagong, dove dirige la facoltà di Economia della locale università. Era in viaggio a raccogliere altri premi in Cina, in Corea, in Giappone, mentre il Paese era in fiamme e lo sciopero generale dell’opposizione di Awami e dei 14 partiti dell’alleanza "progressista" paralizzavano ogni forma di trasporto. Centinaia di migliaia di cittadini stanno rientrando dalle vacanze di Eid che segnano la fine del Ramadan. Migliaia di pullman, treni e traghetti stracarichi di gente fin sopra i tetti sono rimasti bloccati nelle stazioni di provincia, nei porticcioli, nelle strade dei villaggi, tra risaie e campi di juta. Ferme anche le gigantesche navi da carico al largo del convulso porto di Chittagong chiuso da decine di barricate in fiamme.
Ma peggio è andata per quanti, rimasti nelle città, si sono trovati nelle strade insanguinate dai moti di rivolta. Folle inferocite armate di bastoni, remi, bombe artigianali hanno preso d’assalto militanti, uffici, case di deputati e sedi del partito di maggioranza guidato dal primo ministro uscente Khaleda Zia, vedova di un generale che fu il primo dittatore del nascente Bangladesh, assassinato nel 1985 alla vigilia di uno dei tanti colpi di Stato seguiti all’indipendenza. Da lui la vedova ha ereditato la guida del Partito Nazionalista Bnp che mantiene da sempre stretti legami con Islamabad e ha inserito una pletora di fondamentalisti islamici nei posti chiave del governo.
È Sheikh Hasina, un’altra donna, a guidare le opposizioni ispirate alla filosofia indipendentista di "Bangabandhu" Sheikh Mujibur Rahman, considerato il Padre fondatore del Bangladesh, assassinato a sua volta con la sospetta complicità dei servizi segreti pakistani nel 1975 assieme a quasi tutta la sua famiglia. Hasina è una delle figlie sopravvissute al massacro e alla guida della sua Lega progressista è stata al potere diverse volte, senza riuscire però a trasformare la realtà di un paese privo di infrastrutture e industrie che sopravvive principalmente con le rimesse dei suoi milioni di emigranti. Proprio a Sheikh Hasina, durante una sua recente visita in America, la casa Bianca avrebbe chiesto di appoggiare la nomina di Muhammad Yunus a premier temporaneo in attesa delle elezioni del prossimo gennaio. Ma nemmeno l’enorme popolarità del Nobel sembra bastare a risolvere l’empasse. Subito dopo la sua auto-nomina, il presidente-premier ha come primo atto militarizzato le città imponendo pattuglie ad ogni principale angolo di strada. Una mossa che non ha spaventato la Lega e i suoi alleati, determinati a continuare le proteste di piazza.
Improvvisamente ieri sera a ora di cena, dopo che le tv avevano trasmesso incessantemente i filmati di brutali pestaggi a morte da Dacca a Khustia, Kurigram, Bagerhat e Chittagong, (la città portuale del Sud dove Yunus ha fondato la Banca dei poveri Grameen che gli ha dato il Nobel) in diretta dal palazzo presidenziale un giudice della Corte Suprema in parrucca da Lord insediava ufficialmente sulla scottante poltrona di premier "facente funzione" un altro personaggio controverso, Iajuddin Ahmed, l’attuale presidente della Repubblica.
È stato quest’uomo dai legami altrettanto forti con il Bnp a decidere praticamente da solo (c’erano pochi rappresentanti della maggioranza e qualche diplomatico alla cerimonia) di assumersi l’onere di una scelta che potrebbe aprire una nuova pagina drammatica per un paese che dalle partizioni con l’India nel 47 e con il Pakistan nel 71 ha conosciuto decenni di miseria e violenze, oltre a 14 anni di dittature militari conclusi nel 90 con libere elezioni.
Oggi che il Bangladesh è diventato uno dei paesi più corrotti dell’Asia, con i partiti islamici fondamentalisti tornati a dominare la scena al fianco del partito di maggioranza, la stella di Yunus con il suo prestigioso riconoscimento internazionale sembrava brillare come una Cometa annunciatrice di novità e benessere. Il neo Nobel aveva infatti annunciato all’indomani del premio che sarebbe sceso personalmente in campo con un partito politico nuovo di zecca per lottare contro la corruzione al fianco del movimento chiamato "della Società Civile". Aveva anche accennato all’eventualità di prendere su di sé la responsabilità della carica di premier pro-tempore ‟se la situazione lo avesse reso necessario”. Ma in questi giorni Yunus non era a Dacca né a Chittagong, dove dirige la facoltà di Economia della locale università. Era in viaggio a raccogliere altri premi in Cina, in Corea, in Giappone, mentre il Paese era in fiamme e lo sciopero generale dell’opposizione di Awami e dei 14 partiti dell’alleanza "progressista" paralizzavano ogni forma di trasporto. Centinaia di migliaia di cittadini stanno rientrando dalle vacanze di Eid che segnano la fine del Ramadan. Migliaia di pullman, treni e traghetti stracarichi di gente fin sopra i tetti sono rimasti bloccati nelle stazioni di provincia, nei porticcioli, nelle strade dei villaggi, tra risaie e campi di juta. Ferme anche le gigantesche navi da carico al largo del convulso porto di Chittagong chiuso da decine di barricate in fiamme.
Ma peggio è andata per quanti, rimasti nelle città, si sono trovati nelle strade insanguinate dai moti di rivolta. Folle inferocite armate di bastoni, remi, bombe artigianali hanno preso d’assalto militanti, uffici, case di deputati e sedi del partito di maggioranza guidato dal primo ministro uscente Khaleda Zia, vedova di un generale che fu il primo dittatore del nascente Bangladesh, assassinato nel 1985 alla vigilia di uno dei tanti colpi di Stato seguiti all’indipendenza. Da lui la vedova ha ereditato la guida del Partito Nazionalista Bnp che mantiene da sempre stretti legami con Islamabad e ha inserito una pletora di fondamentalisti islamici nei posti chiave del governo.
È Sheikh Hasina, un’altra donna, a guidare le opposizioni ispirate alla filosofia indipendentista di "Bangabandhu" Sheikh Mujibur Rahman, considerato il Padre fondatore del Bangladesh, assassinato a sua volta con la sospetta complicità dei servizi segreti pakistani nel 1975 assieme a quasi tutta la sua famiglia. Hasina è una delle figlie sopravvissute al massacro e alla guida della sua Lega progressista è stata al potere diverse volte, senza riuscire però a trasformare la realtà di un paese privo di infrastrutture e industrie che sopravvive principalmente con le rimesse dei suoi milioni di emigranti. Proprio a Sheikh Hasina, durante una sua recente visita in America, la casa Bianca avrebbe chiesto di appoggiare la nomina di Muhammad Yunus a premier temporaneo in attesa delle elezioni del prossimo gennaio. Ma nemmeno l’enorme popolarità del Nobel sembra bastare a risolvere l’empasse. Subito dopo la sua auto-nomina, il presidente-premier ha come primo atto militarizzato le città imponendo pattuglie ad ogni principale angolo di strada. Una mossa che non ha spaventato la Lega e i suoi alleati, determinati a continuare le proteste di piazza.
Muhammad Yunus
Muhammad Yunus, nato e cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del Bengala, laureato in Economia, ha insegnato all’Università di Boulder, Colorado, e alla Vanderbilt University di Nashville, Tennessee. Ha poi …