Fabrizio Tonello: Usa, la punizione del guerriero

10 Novembre 2006
Le elezioni del 7 novembre confermano una legge bronzea della politica negli Stati uniti: gli americani sono patriottici ma non amano le guerre prolungate. Nel lungo periodo troviamo una divergenza mai pienamente riconciliata tra orientamenti delle élite (espansioniste, cioè disposte a usare la forza militare per difendere i loro interessi nel mondo) e resto della popolazione, disposta a combattere solo in difesa di un attacco immediato. Convinti della intrinsica superiorità delle loro istituzioni, ‟volute da Dio”, gli americani sono poco propensi a ‟esportarle” all'estero, tanto più se questo implica sacrifici prolungati in termini di vite umane.
Le élite hanno sempre saputo ottenere un consenso di breve periodo verso le operazioni belliche, sfruttando il patriottismo popolare, ma questo consenso si è sempre dissolto se le operazioni militari si trascinano a lungo. Ne troviamo una conferma non solo nei risultati delle elezioni per la Camera dei deputati dell'altroieri, ma in tutte quelle avvenute durante le operazioni militari.
La Camera è l'unica istituzione americana ad essere eletta a suffragio elettorale diretto ogni due anni e, benché le elezioni siano influenzate da numerosi fattori quali l'appartenenza regionale, la personalità dei candidati e il fatto di svolgersi in un anno di elezioni presidenziali oppure no, si tratta pur sempre del miglior test per accertare il giudizio politico degli elettori sulla guerra in corso, o appena conclusa.
Tra il 1861 e il 1865, gli Stati uniti sprofondarono nella guerra di secessione, un conflitto con un incredibile numero di morti e feriti, in cui la popolazione civile fu pesantemente coinvolta e in cui tutte le risorse materiali e umane del paese furono impiegate. Come si sa, nel 1860 il repubblicano Lincoln era stato eletto approfittando della divisione dei democratici in un'ala sudista, il cui candidato fu John Breckenridge del Kentucky, e un'ala nordista guidata da Stephen Douglas. Lincoln raccolse solo il 40% del voto popolare ma il meccanismo del collegio elettorale gli garantì la vittoria, che fu seguita immediatamente dalla secessione del Sud e dallo scoppio della guerra.
Alle elezioni per la Camera del 1862 i repubblicani persero quasi trecentomila voti e 22 seggi, con numerosi stati del Nord e del Midwest che, nonostante la guerra in corso, diedero fiducia ai candidati democratici. Questi ultimi ottennero la maggioranza in Illinois, Indiana, Missouri, New Jersey, Ohio, Pennsylvania e a New York. Scendendo a 88 seggi, i repubblicani persero la maggioranza alla Camera e riuscirono a far votare i provvedimenti necessari alla prosecuzione della guerra solo grazie alla ferrea leadership di Lincoln. Quest'ultima fu poi premiata dalle vittorie militari del 1864, che condussero alla sua rielezione e al ritorno di ampie maggioranze repubblicane in Congresso per i dieci anni successivi ma, nel corso della guerra, gli americani dimostrarono col voto la loro mancanza di entusiasmo verso il partito del presidente che aveva iniziato il conflitto.
Nel Novecento questo trend sembra confermato, mostrando una tendenza dell'elettorato a punire il partito responsabile dell'inizio (o della prosecuzione) delle operazioni militari. Questo è visibile con chiarezza nei risultati elettorali della Camera, come rivela la tabella che mette a confronto le prime elezioni dopo lo scoppio della guerra con quelle immediatamente precedenti. Occorre sottolineare che (come nel caso dell'Iraq) è il partito che occupa la Casa Bianca a subire le perdite elettorali. Nel 1918, 1942, 1950 e 1966 erano presidenti democratici, oggi un presidente repubblicano.
Nel 1918 si registra un vistoso spostamento di voti dal partito che controlla Congresso e Casa Bianca verso il partito di opposizione. La sostanziale parità fra democratici e repubblicani del 1916 si trasforma in una forte crescita per il partito repubblicano, che conquista 22 deputati a danno ai democratici. È l'inizio di un periodo di maggioranze repubblicane che si confermerà nelle elezioni congressuali e presidenziali del 1920 e fino al 1930.
La reazione contro il partito in carica durante una guerra si manifesta anche durante la seconda guerra mondiale: le elezioni del 1942 non portarono un'inversione dei rapporti di forza tra i democratici e i repubblicani alla Camera, ma i democratici persero ben 46 seggi a favore del Grand old party (il partito repubblicano).
L'analisi delle reazioni popolari ai conflitti in Corea e Vietnam è complicata da vari fattori, innanzitutto il fatto che le prime elezioni dopo lo scoppio delle ostilità sono elezioni di metà mandato, che avvengono dopo larghe vittorie dei democratici in elezioni presidenziali. Sta di fatto, che il partito del presidente viene punito sia nel caso della Corea che in quello del Vietnam: nel 1950 i democratici perdono 28 seggi e nel 1966 addirittura 48.
Le elezioni del 2004, avvenute dopo l'inizio della guerra in Iraq, sono state una anomalia in un duplice senso: si trattava di elezioni che avvenivano contemporaneamente alle presidenziali (invece che a metà mandato, come nel 1918, 1942, 1950 e 1966) il che favorisce il partito in carica anziché il contrario, e si trattava di elezioni avvenute dopo un redistricting, cioè dopo un ridisegno delle circoscrizioni elettorali che favoriva sfacciatamente i repubblicani. Il risultato fu che, malgrado una stabilità dei voti alla Camera per il partito di Bush e un piccolissimo aumento per i democratici, furono questi ultimi a perdere 2 seggi.
Il vero test, quello comparabile alle altre elezioni in tempo di guerra che abbiamo preso in esame è quindi stato quello del 7 novembre e il risultato è evidente: il partito alla Casa Bianca che consente un prolungamento dell'impegno militare all'estero di soldati americani viene sempre punito dagli elettori. Quest'anno come nel 1918.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …