Giorgio Bocca: Tutti in viaggio alla fine del mondo

05 Gennaio 2007
Sodoma e Gomorra oggi sarebbero già ricostruite, stessi postriboli, stessi locali omosessuali, stesse orge alla faccia del severissimo dio di Israele.
Lo tsunami ha cancellato la Bibbia, le vendette divine, il diluvio universale e ha rilanciato alla grande la speculazione immobiliare. Sono morti in duecentomila in Thailandia ma gli alberghi e le case e i giardini di Phuket sono di nuovo in piedi, il prezzo dei terreni è salito da mille a ventimila e la clientela è aumentata e si è normalizzata, è più stabile, non più solo turismo sessuale ma anche quello familiare come a Viareggio come a Rimini.
Gli annunci della fine del mondo sono una pacchia per le agenzie di viaggio, un maremoto, un'alluvione, centinaia di cadaveri ancora insepolti e il boom turistico trionfa.
Non hanno ancora tolto le bombe dei terroristi nelle stazioni del Mar Rosso, non hanno ancora levato le macerie dalla metropolitana di Mosca fatta saltare dai ceceni, non hanno ancora arrestato i serial killer di Ipswich che già il turismo universale, implacabile, incontenibile, sommerge i disastri e le sventure umane.
L'apocalisse gonfia le vele del turismo di massa, tutti partono per il paese dei lotofagi dove ci si ciba dei fiori dell'oblio. È una filosofia che ne compendia cento, tutte consolatorie: mors tua vita mea, carpe diem, lassù qualcuno ti protegge.
A Phuket hanno fatto il massimo, hanno cancellato anche la memoria del disastro, tutto come prima, più pulito e ordinato di prima, stesse strade, stessi alberghi, stesse bandierine di plastica, stessi ristoranti come quello di Salvatore Cossu che ha fatto come ogni Natale il pranzo da centoventi coperti. Tutto rifatto anche a Khao Lak dove l'hotel Sofitel scomparve nelle onde con settecento clienti. Le presenze quest'anno hanno superato quelle degli anni belli, cioè gli anni in cui il mare si portò via duecentomila persone ma non impedì che quest'anno ne sia arrivato il ventidue per cento in più. Lo tsunami ha cancellato la Bibbia, il diluvio universale, il sacro terrore della vendetta divina. Sono passati solo due anni dal maremoto e non c'è più niente che lo ricordi, non ci sono più detriti, case abbattute, cadaveri insepolti.
C'è qualche superstite che non se la sente di ricominciare come prima, ma non affligge gli altri con le sue memorie: ha ceduto il negozio o l'ufficio e passa le giornate sulla spiaggia guardando il mare come se pensasse che qualcuno degli scomparsi possa ritornare.
Chi se la sarebbe aspettata una umanità così! Ma in fondo è normale che sia così, che sia una umanità che dimentica subito, fatalista, che campa sul calcolo delle probabilità, che va all'aeroporto il giorno dopo il disastro, obbediente alle disposizioni antiterrorismo, il controllo alla partenza è quasi una festa: vietato portare bottigliette con liquidi, come se non fosse una precauzione contro gli esplosivi che fanno a pezzi l'intera gaia comitiva, ma tutti ci ridono su.
L'umanità che ha paura anche della sua ombra non ha più paura della morte in comitiva turistica, non ha più paura della morte di massa, si è abituata al pensiero che morire in gruppo è meno doloroso.
E così la scienza più fallimentare del creato è quella ecologica, che ha un bel gridare dalla sera al mattino che le riserve energetiche si consumano, che i ghiacciai si sciolgono, che l'aria diventa irrespirabile, che mancheranno il cibo e l'acqua. La consolazione è già in marcia, già milioni di uomini pensano a un nuovo turismo spaziale. In America c'è già chi lo prenota, un milione di dollari per provare un viaggio in navetta spaziale.
Quest'anno i miei figli sono andati per le vacanze invernali in Lapponia dove c'è luce per quattro ore al giorno. In comitiva però.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …