Enrico Franceschini: Londra. E la democrazia sbarca tra i Lord.

08 Febbraio 2007
È uno degli ultimi anacronismi della Gran Bretagna: evoca, già a partire dal nome, club per anziani gentiluomini, privilegi aristocratici, profumo di sigari di marca. Ma la Camera dei Lord, già modernizzata una prima volta da Tony Blair con l’eliminazione del privilegio più arcaico di tutti, il diritto ereditario, si appresta ora a essere ulteriormente rinnovata. Il ministro per i rapporti col Parlamento, Jack Straw, ha presentato ieri un nuovo progetto di riforma della Camera alta che introduce per la prima volta il principio dell’elezione, anziché quella della nomina, per i suoi membri. Le sue proposte prevedono che il numero dei seggi della camera dei Lord venga ridotto dagli attuali 741 a 540; che sia abolita la durata "a vita" dell’incarico, sebbene coloro che occupano attualmente i seggi non verranno costretti a dimettersi (il precetto entrerà in funzione, in altre parole, dopo la loro morte); e che i Lord siano per metà eletti dal popolo, per metà nominati dalle autorità.
Non saranno più nominati dal primo ministro, tuttavia, come è avvenuto finora: in futuro le nomine spetteranno per il 30 per cento dei seggi al partito di maggioranza e per il 20 per cento a una speciale commissione indipendente. Quanto all’altro 50 per cento, cioè i Lord eletti dal popolo, essi resteranno in carica quindici anni ma non potranno più ripresentarsi alle urne alla scadenza del loro primo mandato. I vescovi della chiesa anglicana, infine, conserveranno il diritto automatico a un posto alla camera dei Lord. Questa, perlomeno, è la riforma come la vorrebbe Blair; i deputati della camera dei Comuni, cui spetta il compito di discutere e approvare la nuova legge, potranno modificare le proporzioni tra membri eletti e membri nominati. Qualcuno sperava che il governo sarebbe andato oltre, eliminando completamente le nomine e stabilendo che il 100 per cento dei Lord dovranno essere eletti dal popolo. Altri, in particolare nell’opposizione conservatrice, preferivano mantenere in vigore il vecchio sistema.
E qualche anziano Lord, naturalmente, rimpiange ancora i vecchi tempi in cui la carica veniva passata di padre in figlio, nei secoli dei secoli.
La riforma coincide con l’indagine di Scotland Yard sullo scambio fra nomine alla Camera dei Lord e prestiti segreti al partito laburista che ha portato all’arresto di due consiglieri del premier e allungato ombre sul suo comportamento. A Londra si dice che Blair ci teneva soprattutto a cambiare la norma che assegna al primo ministro il compito di nominare i nuovi Lord: un modo per prendere le distanze dallo scandalo e per ricordare che, mentre tutti i suoi predecessori laburisti o conservatori hanno sempre accettato senza problemi morali questo diritto-dovere, lui è il primo a volersene volontariamente liberare. Come finirà l’inchiesta, che la stampa inglese ha paragonato al Watergate, non è ancora chiaro. Ma su come finirà la camera dei Lord non dovrebbero esserci dubbi: somiglierà, prima o poi, a un normale ramo del Parlamento. Un altro pezzetto di Old England che se ne va: non molti, fuori dal palazzo di Westminster, ne sentiranno la mancanza.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …