Vittorio Zucconi: Muore la playmate Nicole Smith, finale tragico di una vita da reality
Era una bellissima donna, almeno prima di farsi rifare dai bisturi e dalle bisacce di silicio che portava davanti, abbastanza perché le chiedessero di spiegare le sue ali per gli obbiettivi di Playboy che ne aveva fatto una sua "coniglietta" da copertina nel 1993, quando aveva 25 anni, e su quella foto era cresciuta la sua breve e fatale fortuna.
Esibendosi in uno strip club che l’aveva ingaggiata dopo quella foto, aveva catturato lo sguardo di un miliardario che aveva più soldi che anni da vivere e che l’aveva sposata a 88 anni, sessantatre più di lei, Howard Marshall. Un matrimonio che aveva ovviamente scatenato la riprovazione dei benpensanti, l’invidia bavosa degli ottuagenari e la salivazione dei media e delle tv, alle quali lei aveva confidato, come se fosse una confidenza, di avere soprannominato il marito "zampetta", perché tutto quel che lui riusciva a fare era tentare di arrampicarsi sulle vette di silicio che ornavano il suo busto.
E quando il marito era spirato, probabilmente con il sorriso sulle labbra, a novant’anni, la battaglia legale per un’eredità misurata in miliardi di dollari le aveva reso un verdetto finale di 88 milioni di dollari, confermato di appello in appello fino alla Corte Suprema, che aveva accettato di ascoltare il suo caso. Per lei si erano mossi addirittura la Casa Bianca e George Bush, che avevano intercesso in suo favore con i propri avvocati davanti ai giudici supremi.
Mai, nella storia, una Presidenza si era schierata per difendere una "coniglietta". Mai una ragazzina abbandonata dai genitori nel paesino del Texas dove era nata, allevata da una zia, cresciuta lavorando come cameriera in una friggitoria di pollo Kentucky, era arrivata a toccare la Corte Suprema e smuovere la augusta Costituzione per garantirle la parte di eredità che il vecchissimo marito le aveva promesso, giurò lei. E se questa sentenza del maggio scorso era parsa la definitiva beatificazione della farfalla mediatica nel frattempo gonfiata 61 chili più del suo peso Playboy, ormai obesa, alcolizzata, impasticcata, fu invece per lei l’inizio della fine, verso questa misteriosa morte nello Hard Rock Hotel and Cafè, dentro il territorio dei Seminole fuori Miami.
Il figlio di vent’anni, Daniel Smith, morì probabilmente di overdose di metadone e di antidepressivi, crollando stecchito sul letto di ospedale dove lei era convalescente dopo avere partorito Danyelle nelle Bahamas. Negli stessi giorni moriva a 67 anni, ucciso da una setticemia, il figlio del suo vecchio "zampetta", l’uomo che ancora tentava di contestarle la sua parte di eredità.
Era come se la morte avesse cominciato le prove generali per quel finale che ieri pomeriggio ha trafitto la farfalla, per infarto, per embolia, per suicidio, per intossicazione da medicinali, per omicidio, nessuno ancora osa dire.
‟Diventerò la nuova Marylin Monroe”, aveva giurato dopo la sua prima particina in un film. Marylin aveva 36 anni quando morì. Anne 39. Almeno nell’orribile e misterioso finale ci è riuscita.