Giuliana Sgrena: Calipari, un'occasione persa per gli Usa

06 Marzo 2007
Due anni fa Nicola Calipari veniva ucciso dalle truppe americane mentre portava a termine una delle sue operazioni più difficili a Baghdad. Allora, al suo ritorno in una bara, fu accolto come un eroe, dalla gente comune e dai governanti. Nel frattempo la faticosa ricerca della verità non si è mai fermata. Così come la meticolosa ricostruzione dei fatti da parte della magistratura, spesso snobbata dai media, che ha portato al rinvio a giudizio di Mario Lozano per omicidio politico volontario. Ma il soldato statunitense non verrà in Italia. Da parte Usa è stata negata qualsiasi collaborazione. Un'‟occasione persa per gli Usa”, per il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, poiché ‟la domanda di verità e giustizia finora non ha avuto una risposta adeguata”. D'Alema ha contrapposto il caso Calipari a quello del Cermis, quando ‟il militare imputato della responsabilità colposa dell'incidente fu assolto, ma tuttavia il governo americano si assunse la responsabilità, con un atto che ebbe grande valore al di là degli aspetti risarcitori”. La figura e soprattutto l'esempio di Nicola Calipari ieri sono stati ricordati in una tavola rotonda organizzata a Villa Piccolomini dal presidente della regione Lazio, Pietro Marrazzo, alla quale hanno partecipato Massimo D'Alema, Mario Marrazziti di Sant'Egidio e il giornalista iracheno Erfan Rashid, coordinati da Andrea Purgatori. Più che da eroe, Nicola Calipari è stato ricordato come uno di noi, un agente dal volto umano (ed è questo un riconoscimento molto importante, che ha cambiato i nostri rapporti con un mondo sconosciuto a molti della sinistra). ‟Un poliziotto capace di capire la società, il piano della politica, che cercava di evitare lo scontro” (con chi stata dall'altra parte della barricata, ndr), come ha detto D'Alema. Ma nella sala stipata di amici, conoscenti o riconoscenti di Nicola Calipari, che circondavano Rosa e Silvia, non c'era distinzione tra chi faceva parte della ‟squadra”, i cosiddetti ‟calipariani”, chi è entrato in contatto con quel mondo per caso e chi l'ha solo sfiorato. D'Alema ha voluto collocare l'operato del ‟funzionario dello stato” all'interno di quella visione dei rapporti internazionali (soprattutto in Medioriente) che si basa sulla profonda conoscenza del territorio di cui ha attribuito il merito all'‟intelligenza” italiana caratterizzata dal dialogo e dal rifiuto della guerra. E il ministro ha aggiunto: ‟Forse gli americani prima di fare la guerra avrebbero dovuto leggere qualche libro”. Naturalmente D'Alema ha ribadito la posizione del governo sulla permanenza militare in Afghanistan che deve essere accompagnata da una iniziativa politica: una conferenza che coinvolga anche i paesi vicini. ‟L'Afghanistan è diverso dall'Iraq perché in campo vi è l'Onu” e nella relazione che l'Italia farà alle Nazioni unite si chiederà che non sia solo la Nato ad intervenire in Afghanistan. D'Alema non ha nemmeno risparmiato il suo solito sarcasmo contro chi vorrebbe il ritiro immediato dall'Afghanistan anche perché non disdegnerebbe il ritorno dei taleban. A Piero Marrazzo era toccato invece ricordare chi era Nicola Calipari, da lui definito ‟un silenzioso costruttore di pace”. Dopo che il breve filmato che ha introdotto il dibattito aveva riproposto un Nicola Calipari inedito tra lavoro e vita privata. Visto che, secondo Rosa Villecco, per lui era un ‟tutt'uno”.

Giuliana Sgrena

Giuliana Sgrena, inviata de ‟il manifesto”, negli ultimi anni ha seguito l'evolversi di sanguinosi conflitti, in particolare in Somalia, Palestina, Afghanistan, oltre alla drammatica situazione in Algeria. Negli ultimi due …