Massimo Mucchetti: Telecom. Cordata bipartisan, grandi lavori in corso

14 Aprile 2007
Fedele Confalonieri e Roberto Colaninno hanno cominciato a manifestare, con mezze ammissioni alla stampa, il loro interesse per Telecom. In via riservata, i collaboratori si sono sentiti al telefono. Troppo poco per parlare di una convergenza. Ma è evidente che, se accadesse, molto potrebbe cambiare. Su Confalonieri e Colaninno grava un handicap politico. Il conflitto di interessi di Mediaset. La simpatia che Massimo D’Alema ha riservato ai ‟capitani coraggiosi” durante l’Opa di Olivetti su Telecom Italia. Ma il pragmatismo dei presidenti di Mediaset e Immsi, che non ha mai fatto venir meno la reciproca stima, può far emergere le ragioni di un incontro e rimescolare le carte non soltanto sul fronte della politica, ma anche su quello, alla fine decisivo, della finanza. La cornice di un progetto possibile è data dal diritto e dall’interesse di lungo termine di Telecom, nel presupposto che solo questa prospettiva giustifichi un investimento alle cifre dettate dall’offerta di At&t e América Móvil. La legge Gasparri, senza bisogno di revisioni ad personam a questo punto comiche, lascia lo spazio per un investimento rilevante a Mediaset. Il Biscione non può acquisire partecipazioni né di controllo né di collegamento in Telecom perché, in entrambi i casi, dovrebbe quasi dimezzare il proprio fatturato pubblicitario per rientrare nei parametri della Gasparri per le conglomerate editorial-telefoniche. E’questa una norma che il governo Berlusconi aveva inserito per evitare attività aggressive da parte di Telecom Italia. Ora la situazione si è invertita. Ma, in ogni caso, se Mediaset configura la sua presenza così da stare sotto la soglia del 10% non c’è problema giuridico. Per Confalonieri, stimano gli analisti, investire 5-600 milioni non sarebbe un problema, qualora emergesse una prospettiva credibile. Colaninno può mobilitare alcune centinaia di milioni e, pur avendo maturato un’esperienza nelle telecomunicazioni che ne fa un interlocutore professionale del management, ha ormai un sistema di interessi troppo articolato per immaginare un impegno di tipo esecutivo quale quello che ebbe nella sua prima volta. È del tutto chiaro che, dati i vincoli della Gasparri e quelli patrimoniali, non sarà un eventuale asse Mediaset-Immsi a rilevare tutte le azioni Olimpia messe in vendita da Pirelli. Ma nel momento in cui due gruppi imprenditoriali mettessero sul tavolo una cifra seria, tutto il campo politico e finanziario che non sostiene per una scelta pregiudiziale gli americani dovrebbe iniziare una nuova verifica basata sui principi di realtà e di responsabilità. La politica, se crede, può rivendersi in modo bipartigiano l’iniziativa. Del resto, gli uomini passano e le aziende restano. I conflitti d’interesse sono un serio argomento, ma hanno una loro dimensione storica, mentre il controllo di Telecom, una volta varcato l’Atlantico, non torna più indietro. E le collaborazioni industriali, se hanno senso, alla fine si impongono, pena l’impoverimento generale. Più difficile è il rapporto con le banche. Mediobanca e Intesa Sanpaolo non credono più a un ruolo trainante degli imprenditori in Telecom. Ritengono più adatto un azionariato di riferimento di tipo finanziario, che sappia scommettere sul medio-lungo termine, senza spolpare l’impresa con dividendi eccessivi e senza tarparle le ali per non veder diluita, da eventuali fusioni o aumenti di capitale, la propria quota di controllo. Gli ultimi 10 anni di storia danno ragione alle banche, che, peraltro, si accorgono dei limiti del ‟padronato” telefonico con grande ritardo. Ma le banche medesime non sono riuscite, almeno finora, a tagliare la strada agli americani. Mediobanca e i suoi alleati intendono processare Tronchetti nella prossima riunione del patto di sindacato Pirelli. La posizione di piazzetta Cuccia ha una logica ferrea nel sistema di patti di sindacato: se Tronchetti ha maturato l’idea di non poter più stare in Telecom, altri soci eccellenti di Pirelli non hanno i suoi stessi problemi economici e politici e dunque non avvertono l’urgenza di vendere agli americani, magari per poi rabbonire l’azionariato deluso di Pirelli con un dividendo straordinario. Se Mediobanca procederà, metterà comunque in forse la leadership di Tronchetti sulla Pirelli prossima ventura, ma per riuscire a far saltare l’accordo con gli americani avrebbero bisogno dell’appoggio di Intesa. E Intesa, invece, non ha voluto mettere nell’angolo il presidente attuale della Pirelli, nella convinzione che in quest’ultima fase non gli si possa imputare nulla. Senonché, in mancanza dell’appoggio di Mediobanca, Intesa fatica a mantenere l’obiettivo originario di dare una soluzione italiana al caso e sembra aver ridotto le proprie ambizioni a un accordo di codecisione con gli americani, tuttavia, che partono da una quota di maggioranza. Per convincere le banche, che possono trasformare in azioni Olimpia le loro azioni Pirelli Tyre e fare anche dell’altro, gli imprenditori dovrebbero promettere di comportarsi come in Telecom nessuno ha fatto da anni: ridurre i dividendi al livello medio europeo per liberare risorse per gli investimenti, rendere più efficiente l’azienda tagliando qualche migliaio di posti di lavoro forti del fatto che At&t in America ha fatto ben altro, far salire il valore del titolo per preparare, nel giro di qualche anno, l’internazionalizzazione di Telecom da posizioni più forti di quelle attuali.

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …