Vonnegut, maestro della porta accanto

16 Aprile 2007
‟Quando si è ucciso, Hemingway ha messo un punto alla fine della sua vita”, aveva detto Kurt Vonnegut in un’intervista in cui definì la vecchiaia ‟piuttosto un punto e virgola”. Ma adesso anche per lui è arrivata, irreversibile e crudele, la punteggiatura senza ritorno. Il grande scrittore americano si è spento mercoledì notte a Manhattan per il trauma di una caduta che alcune settimane fa gli aveva causato danni cerebrali irreversibili. Aveva 84 anni e ha lasciato una quindicina di opere, tutte molto influenti - tra cui Mattatoio n. 5, Madre notte, Ghiaccio nove, e Galapagos - che hanno cambiato il volto della letteratura americana del dopoguerra. ‟Ha dato voce a un secolo di storia americana, dalla Grande Depressione alla Seconda Guerra Mondiale, dal Vietnam alla droga - afferma Donald Morse, autore di un saggio sui romanzi di Vonnegut -. E l’ha fatto in modo tale da obbligarci ad ascoltarlo”. L’impatto profondo della sua opera è testimoniato dalla commozione corale suscitata dalla sua scomparsa, a partire dai ‟grandi vecchi” delle lettere Usa. ‟Come scrittore Kurt è stato la cosa più vicina che noi americani abbiamo avuto a Voltaire”, ha commentato l’amico Tom Wolfe. Dalla California, dove vive dopo aver lasciato Ravello, Gore Vidal l’ha ricordato come ‟un gigante senza uguali”. Ma nella Manhattan dove viveva un’esistenza da uomo qualunque, ieri anche la gente normale si è fermata di fronte al suo brownstone sulla 48ª Strada, a due passi dal Palazzo di Vetro, per deporre dei mazzi di fiori. A differenza di scrittori reclusi quali Thomas Pinchon e a suoi ex vicini di casa come Greta Garbo, Katharine Hepburn e Stephen Sondheim, Vonnegut amava mischiarsi alla gente ed era un habitué dei parchi, negozi e palestre della zona. Nel 2000 era finito sulla prima pagina dei giornali quando la sua ennesima sigaretta (era un fumatore incallito) aveva scatenato un incendio nella palazzina, rischiando di mandarlo all’altro mondo. ‟Il fumo è una forma di suicidio onorevole - aveva spiegato lo scrittore nato ad Indianapolis nel 1922 -. Dovendo morire, preferirei schiantarmi su un aereo contro il Kilimangiaro”, aveva detto una volta. E tuttavia nel 1984, dopo un lungo periodo di depressione, aveva tentato invano di togliersi la vita con pillole e alcol. Eppure il suo eroe era l’ottimista Mark Twain e al pari del padre di Huckleberry Finn anche Vonnegut aveva fatto una quantità di mestieri, dal venditore di auto al cronista all’assistente sociale - prima di potersi dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Come Twain, anche lui era inviso a critici e censori e per anni i suoi testi sono stati messi all’indice da alcune biblioteche scolastiche per il linguaggio giudicato troppo crudo, violento e sessualmente esplicito. Ma a detta dei critici - che spesso l’hanno erroneamente bollato un autore di fantascienza - i suoi libri più belli sono quelli più autobiografici. Come il bestseller Mattatoio n. 5, il suo capolavoro, che riflette il tormento del soldato Vonnegut, prigioniero dei tedeschi a Dresda durante la Seconda guerra mondiale, proprio mentre la città fu quasi interamente distrutta dai bombardamenti alleati. Un’esperienza traumatica che lasciò un segno indelebile sulla coscienza di quello che doveva diventare l’icona pacifista della generazione del Vietnam. Sul suo stato d’animo, incline alla malinconia e alla depressione, influirono anche tragiche vicende familiari: lo squilibrio mentale della madre culminato con il suicidio, la perdita in 24 ore della adorata sorella Alice e del marito di questa, che lo spinse ad adottarne i tre figli, aggiungendoli ai tre avuti dalla prima moglie Jane Cox, sua compagna dai tempi dell’asilo. Dopo il divorzio da Jane lo scrittore si sposò una seconda volta con la fotografa Jill Krementz, da cui si era separato nel 1991 ma con cui ha mantenuto un rapporto molto forte fino alla morte. Dopo la caduta Jill gli è stata accanto sino alla fine.

Kurt Vonnegut

Kurt Vonnegut (Indianapolis, 1922 - New York, 2007) nacque in una famiglia colpita dalla Grande Depressione del ’29. Nel 1940 si iscrisse a biochimica all’università, poi andò sotto le armi …