Scala, Barenboim suona a quattro mani con Lang Lang

09 Novembre 2007
La stagione della Filarmonica della Scala sfoggia molto Novecento storico e giovani bacchette. Ma all’inaugurazione c’è Daniel Barenboim, che giovanissimo non è ma di fatto debutta con l’orchestra milanese sotto il vessillo Filarmonica. Non si tratta della consueta ospitalità che si risolve nel fare quattro prove, lasciare un’idea interpretativa e ciascuno avanti per la propria strada. Sulla locandina del concerto si poteva scrivere: lavori in corso. Con la Filarmonica il maestro scaligero è venuto a iniziare un percorso wagneriano dalle fondamenta. C’è ‟Tristan und Isolde” tra un mese e tanto altro in un futuro nemmeno troppo remoto. Non a caso la serata prevede un tutto Wagner nella seconda parte. E dalle prime note del corale che apre l’Ouverture di Tannhäuser si capisce che direttore e professori d’orchestra vanno tutti, con palpabile complicità, nella direzione di una profondità di suono che non è tipica di quest’orchestra, che pure ha tante altre qualità. E non tutto riesce perfetto: i secondi violini non rispondono come i primi, ad esempio. Non è la ricerca della «verticalità» tedesca, è un’idea di suono possente ma dinamico, quella che Barenboim detta ai Filarmonici. Mai visto il musicista argentino dirigere così tanto, controllare in modo così maniacale ogni dettaglio. A un tratto finisce con un piede fuori dal podio, quasi perde l’equilibrio. A fine serata avrà il pallore in volto dell’artista esausto. Ma la fluidità che risulta faticosa in Tannhäuser arriva splendida e gloriosa nei passi dalla Götterdämmerung, quando il teatro è investito da un mare di suono come non si è mai sentito. È l’acme della serata. Musica bella da impazzire e suonata divinamente. Se ‟Tristan” sarà così, c’è da mettersi subito in fila. Meno radiosa del previsto la danza di contrappunti del Preludio dai ‟Meistersinger von Nürnberg”. Il direttore attacca quel do maggiore appena dopo la fine del do minore della marcia funebre e trova professori impreparati: chi attacca, chi no. Dura ritrovare l’altissima concentrazione che l’orchestra ha dimostrato fin lì. Comunque, un bel sentire. Nella prima parte c’era l’intelligenza formale del Bartók del Concerto n.2 per pianoforte. Bene, nitida, l’orchestra. Il solista Lang Lang si sa districare nella giungla di note. Ha suono piccolo ma idee chiare. Simpatico il bis: il 25enne cinese e lo stesso Barenboim suonano a 4 mani, divertendosi un mondo, una Marcia di Schubert.

Daniel Barenboim

Daniel Barenboim (1942) è un pianista e direttore d'orchestra argentino-israeliano. A sette anni dà il suo primo concerto ufficiale nella sua città. Nel 1952 si trasferisce con la famiglia in …