Giorgio Bocca: I cannoli di Cuffaro

04 Febbraio 2008
Tre nomi, tre personaggi campeggiano nelle cronache politiche e giudiziarie: Clemente Mastella, Salvatore Cuffaro, Silvio Berlusconi. Indagati, processati e magari condannati, ma sempre adulati dai loro clienti e complici di questa dittatura morbida che toglie la gioia di vivere a una metà degli italiani, ma viene spesso appassionatamente difesa dall'altra metà.
Non resta che prender atto che una metà degli italiani, di destra o di sinistra che sia, è ormai legata o rassegnata a questa gestione clientelare della cosa pubblica, che vige in tutti gli uffici della pubblica amministrazione, diciamo in questo modo italiano che le clientele politiche e affaristiche hanno di appropriarsi del pubblico denaro.
Il colpo di grazia alla democrazia è stato l'applauso del parlamento, in tutti i suoi ordini, a Clemente Mastella, che difendeva se stesso e il suo clan e attaccava la magistratura che si era permessa di ricordargli che la legge è uguale per tutti. E quell'applauso spiega come l'attuale classe dirigente politica-manageriale ostenti la più assoluta indifferenza per ciò che va sotto il nome di pubblica opinione.
Stalin redivivo chiederebbe: "Quante divisioni ha la pubblica opinione?", che potere ha la pubblica opinione di regolare il consumismo anarcoide, il clientelismo avido, la irresponsabilità dei deputati?
Inquisiti per mille latrocini e soprusi, i nuovi padroni sanno che nello sfascio delle istituzioni possono sempre affidarsi agli azzeccagarbugli più abili, ai grandi avvocati per evitare i castighi e per conservare l'appoggio dei clienti che partecipano al loro banchetto. Il male, ora lo vediamo chiaramente, è antico, progressivo e a quel che sembra inevitabile. L'immoralismo dei Craxi e degli Andreotti, lodato e rimpianto da una parte sempre maggiore del ceto dirigente, doveva farci prevedere il peggio. Ho assistito anni fa al processo di Giulio Andreotti sul famoso bacio al padrino Riina, cioè sui suoi rapporti con la mafia. Rapporti noti e addirittura rivendicati come un merito.
Tutti sapevano che la corrente di Andreotti nella Democrazia cristiana era diretta dai mafiosi Ciancimino e Lima e finanziata dai mafiosi cugini Salvo, a cui il ministro scriveva una lettera pubblicata su tutti i giornali: "Vi accusano perché sono invidiosi di voi". Ero come cronista al processo, quando arrivò da Roma una delegazione democristiana venuta a portare ad Andreotti la solidarietà del partito, composta tra gli altri da Casini e Mastella. Passarono tra i nostri banchi salutando, sorridenti, pimpanti, euforici, come se si celebrasse una vittoria della democrazia e non uno degli spettacoli più sordidi e umilianti per la nazione e la sua storia: la tradizionale assoluzione per insufficienza di prove di un potente protetto dallo Stato complice.
Insieme a Clemente Mastella torna nelle cronache italiche Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione Sicilia. Un tribunale lo ha appena condannato a cinque anni di reclusione per aver avvertito un ‟pezzo da novanta” siciliano di stare attento ai suoi telefoni, intercettati dai magistrati, ma assolto dall'accusa di complicità con la mafia, una contraddizione in termini spudorata, la stessa usata al processo Andreotti, e il signor Cuffaro, prima di essere costretto a dimettersi, ha festeggiato, offrendo dolci e champagne ai suoi amici.
Intanto Berlusconi deride e accusa i giudici che lo accusano di aver tentato di corrompere alcuni senatori a vita usando i suoi servi nella televisione di Stato. I capiscuola Bettino Craxi e Giulio Andreotti ci avevano avvertiti, ma noi andiamo avanti verso lo sfascio generale.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …