Gianfranco Bettin: Nordest. Chi gà vinto?

11 Marzo 2008
‟Oui, se puede”: l'impagabile titolo del manifesto di ieri ricorda, con l'esito delle elezioni spagnole e francesi, che le lingue in cui si può dire la propria speranza politica sono molte, e altrettante le realtà sociali e civili da interpretare ed esprimere in un progetto politico e in un programma di governo. Esattamente ciò che non accade, o non abbastanza, qui nel Nordest, dove Pd e Sinistra Arcobaleno confermano, in questo frangente elettorale e in questa congiuntura sociale ed economica, la propria difficoltà, in certi casi la propria cronica incapacità e perfino la non volontà, di capire cosa sta accadendo. Quei limiti di lettura che Marco D'Eramo notava ieri a proposito di sondaggi italiani disancorati dalla realtà effettiva, a differenza di quelli usati nella corsa alle presidenziali Usa che sono sempre ricondotti alla composizione sociale, di genere, di generazione, di etnia, di territorio eccetera, tali limiti, sono qui a Nordest, se possibile, ancora più evidenti e segnano tutto l'approccio della politica.
Galan e la Lega capiscono a intuito la realtà, come pesci che nuotano nell'acqua propria. La sinistra sembra invece non capirla e cerca a volte di superare lo spiazzamento e l'imbarazzo con gesti sopra le righe. Prendiamo il caso della discussa candidatura di Massimo Calearo nel Pd. Il messaggio che si vorrebbe mandare è forte, perché il vicentino ex leader di Federmeccanica è un candidato che molti, qui nel Veneto, mai si sarebbero aspettati di vedere nel centrosinistra. E tuttavia si tratta di una scelta che non coglie il cuore della questione della rappresentanza dei veri mondi vitali che distinguono oggi, nell'impresa e nel lavoro, nella società e nella comunità locale a Nordest. Quest'area del paese, come riassume benissimo Aldo Bonomi in un saggio di estrema lucidità contenuto nell'importante volume La questione settentrionale. Economia e società in trasformazione, da poco edito a cura di Giuseppe Berta dalla Fondazione Feltrinelli, dopo la sua emersione e assunzione a ‟modello” avvenuta negli ultimi due decenni (in parallelo alla disarticolazione del ‟triangolo industriale” a Nordovest), vive una nuova effervescente stagione di cambiamenti dei quali è protagonista quella ‟geocomunità” in cui ormai prevale una sorta di ‟capitalismo personale” che assume il territorio come ‟elemento imprescindibile di sviluppo” in una nuova e stringente dialettica tra reti locali e flussi globali.
Le cose, in realtà, forse non sono ancora così compiute come le descrive Bonomi, certo per fissarne meglio le tendenze fondamentali, ma la sua analisi illumina bene il passaggio di fase in cui siamo. La candidatura di Calearo, tornando all'episodio elettorale, non può intercettare che molto parzialmente le domande politiche e di rappresentanza della nuova composizione. E', però, un tentativo forte ed esplicito in tale direzione. A sinistra, invece, non c'è ancora quasi nessun tentativo di capire e rappresentare questa comunità in trasformazione. Nel migliore dei casi, ci si limita apprezzabilmente a tentare di rappresentare il disagio e la protesta di talune componenti, senza però nemmeno dar loro, nella circostanza elettorale, visibilità e peso adeguati. Le liste dei candidati in loco, appena rigidamente compilate a Roma, sono infatti di desolante estraneità e, vien da dire, di irridente ostilità, al contesto regionale. E però, dopo le poliglotte esortazioni pre-elettorali, la sera del 14 aprile la vera domanda sarà, con la lingua del Marco Paolini gran poeta del rugby, ‟Chi gà vinto”?

Gianfranco Bettin

Gianfranco Bettin è autore di diversi romanzi e saggi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, Sarajevo, Maybe (1994), L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero (1992; 2007), Nemmeno il destino (1997; 2004, da cui è …