Michele Serra: L'amaca di domenica 20 luglio 2008

28 Luglio 2008
Leggo incredulo del giovane ciclista Riccò, del suo folle appendersi con le proprie mani alla forca dell’antidoping. Imbrogliare sperando di farla franca è un calcolo quasi umano. Ma imbrogliare già sapendo che ti beccheranno mi sembra pura demenza, la ormai diffusa demenza sociale di chi è disposto a qualunque ignominia pur di arrivare ai quattrini e al successo. Meglio la galera e il disonore dell’anonimato.
"E pensare che un tempo i ciclisti erano eroi popolari", dico riflettendo ad alta voce. "Ma guarda che lo sono anche adesso" mi corregge implacabile la mia interlocutrice, raggelandomi. Ha ragione. È il popolo che è mutato – la citazione di Pasolini è scontata – e Bartali stava agli italiani del Dopoguerra esattamente come Riccò sta agli italiani di adesso. Ai suoi compaesani che gridano al "complotto", ai ragazzi dei bar con l’orecchino e il tatuaggio che ammirano chi vince e spregiano chi perde (ignari di spregiare se stessi, e il loro futuro da frustrati). Al suo collega Cunego, certamente un bravo ragazzo, che dichiara ai giornali di essersi rapato a zero "perché la ricrescita dei capelli con la nuova tintura non lo soddisfaceva". Se l’attenzione dedicata alle tinture e alle pettinature fosse proporzionale agli scrupoli morali, per le strade del Tour non ci sarebbe un solo dopato.

Tutti i santi giorni di Michele Serra

Scrivere tutti i giorni, per anni, usando il materiale che la cronaca, la politica, il costume ci rovesciano addosso a ritmo forsennato. Scrivere cercando di rifare un poco di ordine, di ridare un minimo di significato alle notizie, agli umori pubblici e privati, alle proprie reazioni. Scrivere com…