Giorgio Bocca: Il mestiere delle banche

10 Dicembre 2008
Una lettrice, impiegata di banca, mi scrive lamentando che faccio di ogni erba un fascio dei bancari, come il ministro Brunetta degli statali, tutti fannulloni. E per due fitte pagine mi spiega come gli impiegati vengano letteralmente schiacciati dai dirigenti esosi e dai clienti avidi e ignoranti.
"Che ne sa lei delle giornate infernali di lavoratrici e lavoratori bancari che sono letteralmente perseguitati dai vari manager con tutti i mezzi possibili, sms sui telefoni personali, mail, telefonate, continui rimbrotti, riunioni a tutte le ore, con l'unico sacro obiettivo di raggiungere il budget? Che ne sa lei di quello che in questi anni abbiamo subito con tutte le fusioni, incorporazioni, tagli aziendali, riconversioni, mutamenti di mansioni, spinte commerciali insopportabili, pretese da nuove generazioni di capetti che anziché i globuli rossi hanno nel sangue un fiume di dollari? Le ultime leggi aumentano le nostre responsabilità nel rapporto con i clienti come se fossimo dei banchieri responsabili delle strategie e degli strumenti. E che dire dei clienti, dei risparmiatori? Ho speso ore e ore a spiegare a massaie e pensionati che le azioni Parmalat e Cirio erano più rimuneratrici perché più rischiose. Ma le massaie e i pensionati volevano guadagnare molto e subito, e ora che si sono bruciati, sono i più accaniti ad accusarci".
Così la mia lettrice. Qui vorrei dirle che mi metto anch'io nell'elenco dei clienti colpevoli, e non solo per avidità, ma anche per altri peccati più veniali come la pigrizia e la vanità. Mi spiego: sono cliente di due grandi banche. La prima a Milano, a due passi dalla casa in cui abitavo, la seconda, dopo un trasloco, sempre a due passi da casa; non perché avessi bisogno di due banche, ma perché vicine a casa.
Quando partì la nuova 'filosofia aziendale' o bancaria di trasformare gli impiegati in procuratori di affari, la nuova banca arrivò per prima, mi mandò a casa la bancaria di fiducia accompagnata dal direttore di filiale. Mi spiegarono che era il momento di fare degli investimenti e mi fecero firmare un contratto per una assicurazione sulla vita. La pigrizia per cui avevo scelto per due volte la banca vicino a casa mi punì. Come? Per pigrizia non avevo letto le due pagine fitte del contratto al comma dove si diceva che esso era legato al corso delle operazioni di Borsa. La Borsa crollò poco dopo e presi il primo bagno.
La seconda banca si fece viva quando avrei dovuto tener conto della prima fregatura. Ma venne da me l'impiegato simpatico che conoscevo da vent'anni, un impiegato letterato, che leggeva i miei libri. Non ricordo di preciso quale investimento mi propose, ma fu un secondo bagno. Ero amico dell'ad, cioè amministratore delegato della grande banca, lo avevo difeso sul giornale nei giorni di Mani Pulite. Gli scrissi della mia disavventura. Non mi rispose perché, come è noto, la prudenza è una virtù dei banchieri.
Il direttore di filiale della prima banca è stato trasferito in provincia, e non mi ricordo nemmeno come si chiamasse, l'impiegato letterato è andato in pensione sostituito da una donna prudente con cui fatico a comunicare per via della privacy per cui ogni filiale è più segreta e inavvicinabile di Fort Knox.
Morale della storia? Da sempre i monarchi hanno limato le monete d'oro per il bene loro e del loro casato, da sempre applauditi dai sudditi.
Perché le banche, che sono del mestiere, non dovrebbero fare altrettanto?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …