Vivian Lamarque : Addio ai vecchi addobbi natalizi “sfrattati” da effetti in stile Ufo

19 Dicembre 2008
Delle parole nuove che entrano a far parte del nostro linguaggio si accorgono tutti, di quelle che zitte zitte si ritirano, ci lasciano, si staccano come foglie dal ramo, non ci avvediamo ma ogni tanto, pietanza, signorina, centrino, riaffiorano come fantasmi e solo allora ci accorgiamo che erano morte. Se continueremo a dire sotto la soglia di indigenza, anche la parola povertà ci lascerà. L’amava tanto il poverello d’Assisi, San Francesco. San Francesco? Più facile trovare uno che per le festività farà un viaggio in California, a San Francisco, che uno che parteciperà ai riti commemorativi di Greccio, dove nel dicembre 1223 San Francesco rappresentò con personaggi veri la Natività, dando così il via alla tradizione del Presepe (pare che la Rai stia pensando a un film da girarsi in quei luoghi). Il canto XI del Paradiso si apre con l’‟insensata cura dei mortali” che inseguono solo beni terreni e a metà canto si invita a chiamare Assisi ‟Oriente”, perché ‟nacque al mondo un sole”: San Francesco. Ma mentre alle sale cinematografiche faranno la coda per gli sconfortanti film detti sacrilegamente ‟di Natale”, (li chiamassero almeno di fine anno), a Milano è passato come una meteora, avvistato solo dagli illuminati, ‟Il giorno, la notte. Poi l’alba” di Paolo Bianchini, grande delicato regista e ambasciatore dell’Unicef, che rievoca l’incontro leggendario tra San Francesco e Federico II (tra gli interpreti Lo Cascio, Salvi e Giorgio Cantarini, l’indimenticato bambino in ‟La vita è bella”), film di rara poesia. A proposito di poesia, dovessero eleggere le più poetiche e le meno poetiche luminarie di Milano, nominerei tra le prime quelle del Portello di piazzale Accursio, con quei luccicanti alberelli magrolini, e il grande abete azzurro nel centro della struttura a cielo aperto (architetti Gino e Pietro Valle), e quell’effetto di luci che suggerisce la neve che scende dal cielo e fa restare i bambini e i vecchini che passano a naso in su. Le meno poetiche sono la maggioranza, sono tutte quelle in cui della simbologia del Natale non c’è traccia, vogliono essere originali, non ripetersi, stupire, ma a Natale vogliamo stupirci del vecchio non del nuovo, sembrano luminarie da Luna Park, fuochi d’artificio, talvolta oggetti misteriosi; vicino al parco Solari ne ho viste con delle codine a ricciolo frittura di pesce: luminarie o Ufo nei cieli milanesi? Impariamo dagli addobbi semplici con cui si ornano, quietamente, i paesini di montagna.

Vivian Lamarque

Vivian Lamarque è poetessa e autrice di numerosi libri per bambini.