Marina Forti: Clima. Le Maldive, o Atlantide
23 Dicembre 2008
Aveva conquistato titoli e prime pagine in tutto il mondo, il neo-eletto presidente delle Maldive, quando in ottobre ha dichiarato che il suo governo vuole comprare una nuova ‟patria”, un territorio in cui trasferire i circa 380mila abitanti dell'arcipelago se e quando l'oceano l'avrà sommerso. ‟Non vogliamo diventare la nuova Atlantide”, diceva il presidenrte Mohamed Nasheed in ottobre, quando era in carica da appena un mese: ‟Non possiamo fare nulla per fermare il cambiamento del clima, noi, dunque dobbiamo comprare terra altrove. E' un'assicurazione contro il peggio”.
Ora, in una intervista all'agenzia Reuter (pubblicata il 17 dicembre), Nasheed lancia una frecciata ai media internazionali: ‟mi sembra che abbiano un po' esagerato” quella faccenda di comprare una nuova patria. Lui, dice, voleva piuttosto sottolineare un'altra cosa: ‟La vera questione è che non puoi mitigare il cambiamento del clima senza buongoverno e trasparenza. Questo è il nocciolo del problema”.
Il cambiamento del clima è forse la minaccia più grave che incombe sull'arcipelago delle Maldive, nell'oceano Indiano, 1.192 isole e atolli di cui circa 200 sono abitate. Il fatto è che l'80 per cento di quelle isole raggiungono a malapena l'altezza di un metro sul livello del mare, e nel restante territorio, il punto più alto sfiora appena i tre metri: e uno dei primi effetti del riscaldamento globale del clima è quello di far salire il livello dei mari. Insomma: le Maldive sono tra le nazioni più minacciate dal cambiamento del clima, sorte che condividono con tante piccole nazioni insulari nei tre oceani. Infatti, secondo il Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc) il livello degli oceani potrebbe salire fino a 59 centimetri entro la fine di questo secolo. Questo renderà inabitabile gran parte dell'arcipelago. La capitale stessa, Malé, rischia: nello scenario peggiore sarà completamente sommersa. Le ondate di marea sono già un'occorrenza sempre più frequente, una minaccia concreta: non stupisce che già oggi sia circondata da un muro alto tre metri, costruito nel corso degli ultimi 14 anni con l'aiuto finanziario del Giappone (è costato 63 milioni di dollari). Ma questo protegge gli abitanti della capitale, e solo loro.
Dunque non c'è dubbio: questo arcipelago, noto nel mondo più che altro come destinazione turistica, con le sue varianti di massa e più di élite, sta pagando un prezzo spropositato al cambiamento del clima - benché vi contribuisca in minima parte: produce appena lo 0,001% della massa mondiale delle emissioni di gas ‟di serra” che lo provocano.
E però Mohamed Nasheed voleva sottolineare soprattutto un altro aspetto del problema. In settembre aveva fatto scalpore la sua elezione alla presidenza delle Maldove: già attivista per la democrazia, incarcerato per anni durante i trent0anni di ‟regno” del presidente Amumoon Abdul Gayoom, Nasheed aveva vinto le prime elezioni multipartitiche nella storia della piccola repubblica, promettendo un regime di giustizia sociale e di trasparenza. Il suo progetto, spiega alla Reuter, è istituire un fondo sovrano da usare per far fronte agli effetti del cambiamento del clima, cioè all'eventuale sommersione delle isola più basse. ‟Mettere da parte per far fronte a situazioni di emergenza è uno dei capisaldi per il mio governo. E se tra 100 o 200 anni avverrà il peggio, allora dovremo avere una via di fuga”.
Ora, in una intervista all'agenzia Reuter (pubblicata il 17 dicembre), Nasheed lancia una frecciata ai media internazionali: ‟mi sembra che abbiano un po' esagerato” quella faccenda di comprare una nuova patria. Lui, dice, voleva piuttosto sottolineare un'altra cosa: ‟La vera questione è che non puoi mitigare il cambiamento del clima senza buongoverno e trasparenza. Questo è il nocciolo del problema”.
Il cambiamento del clima è forse la minaccia più grave che incombe sull'arcipelago delle Maldive, nell'oceano Indiano, 1.192 isole e atolli di cui circa 200 sono abitate. Il fatto è che l'80 per cento di quelle isole raggiungono a malapena l'altezza di un metro sul livello del mare, e nel restante territorio, il punto più alto sfiora appena i tre metri: e uno dei primi effetti del riscaldamento globale del clima è quello di far salire il livello dei mari. Insomma: le Maldive sono tra le nazioni più minacciate dal cambiamento del clima, sorte che condividono con tante piccole nazioni insulari nei tre oceani. Infatti, secondo il Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc) il livello degli oceani potrebbe salire fino a 59 centimetri entro la fine di questo secolo. Questo renderà inabitabile gran parte dell'arcipelago. La capitale stessa, Malé, rischia: nello scenario peggiore sarà completamente sommersa. Le ondate di marea sono già un'occorrenza sempre più frequente, una minaccia concreta: non stupisce che già oggi sia circondata da un muro alto tre metri, costruito nel corso degli ultimi 14 anni con l'aiuto finanziario del Giappone (è costato 63 milioni di dollari). Ma questo protegge gli abitanti della capitale, e solo loro.
Dunque non c'è dubbio: questo arcipelago, noto nel mondo più che altro come destinazione turistica, con le sue varianti di massa e più di élite, sta pagando un prezzo spropositato al cambiamento del clima - benché vi contribuisca in minima parte: produce appena lo 0,001% della massa mondiale delle emissioni di gas ‟di serra” che lo provocano.
E però Mohamed Nasheed voleva sottolineare soprattutto un altro aspetto del problema. In settembre aveva fatto scalpore la sua elezione alla presidenza delle Maldove: già attivista per la democrazia, incarcerato per anni durante i trent0anni di ‟regno” del presidente Amumoon Abdul Gayoom, Nasheed aveva vinto le prime elezioni multipartitiche nella storia della piccola repubblica, promettendo un regime di giustizia sociale e di trasparenza. Il suo progetto, spiega alla Reuter, è istituire un fondo sovrano da usare per far fronte agli effetti del cambiamento del clima, cioè all'eventuale sommersione delle isola più basse. ‟Mettere da parte per far fronte a situazioni di emergenza è uno dei capisaldi per il mio governo. E se tra 100 o 200 anni avverrà il peggio, allora dovremo avere una via di fuga”.
Marina Forti
Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …