Paolo Di Paolo con Lontano dagli occhi ha vinto la novantunesima edizione del premio Premio Viareggio Rèpaci nella Sezione Narrativa.
La motivazione:
Quante storie ci vogliono per fare un uomo? La letteratura e il cinema contemporanei hanno assuefatto lettori e spettatori a romanzi e film “plurimi”, costruiti attorno a una serie di vicende che scorrono in parallelo fino a quando, col procedere del racconto, i diversi fili non si annodano in un unico intreccio, in qualche modo illuminandosi a vicenda. Apparentemente, anche Lontano dagli occhi sembrerebbe costruito secondo lo stesso modello. Siamo a Roma, nel 1983, e tre giovani donne incinta, destinate a diventare quella che all’epoca si chiamava una “ragazza madre”, attraversano i mesi più difficili di una gravidanza che inaspettatamente, di punto in bianco, le ha proiettate in un altro tempo della vita. Sono diversissime, socialmente e caratterialmente, eppure si assomigliano nel crescente sgomento per un corpo che cambia giorno dopo giorno e un futuro che appare sempre più incerto. Si riconosceranno l’una nell’altra? Solidarizzeranno? Il lettore non può evitare di domandarselo. In questo romanzo della sua maturità di narratore, Paolo Di Paolo non ha però previsto alcun incontro per i suoi personaggi. Sul più bello una pagina interamente inchiostrata di nero – matrice della vita e della scrittura – impone alla storia una svolta inaspettata e svela una struttura del racconto completamente inedita, che proietta il romanzo su un altro piano e dissolve gli aneddoti e gli affanni delle tre ragazze in una interrogazione verticale. Memoir immaginario, estrema autofiction e derisione di ogni possibile autofiction, Lontano dagli occhi prende così la forma di un’inchiesta sull’origine e sul destino. Un’inchiesta privatissima che – tanto più per questo – paradossalmente non lascerà nessuno indifferente.
Gabriele Pedullà