Intervista a Sarah Savioli

22 Giugno 2022

L’autrice ci racconta il nuovo capitolo della serie gialla dedicata alle indagini di Anna Melissari.

Hai studiato Scienze Forensi e hai esercitato a lungo la professione, avvicinandoti tardi alla letteratura: quando nasce la passione per la scrittura e in quale momento hai capito di voler provare a renderla la tua professione?
Scrivere ora è per me anche professione, ma resta soprattutto il modo più autentico per essere la persona che sono, un modo al quale sono arrivata senza strategia né particolare consapevolezza. La lettura fin da piccola ha riempito di colori le mie giornate, è stata il nutrimento che ha ripetutamente salvato la mia vita. Poi, a quarant’anni suonati, in un periodo nel quale non sapevo più come affrontare il mondo perché per me tutto si era ribaltato, mi sentivo disorientata e sinceramente anche piuttosto “finita”, un giorno mi sono seduta di fronte a un foglio bianco, ho cominciato a scrivere e non mi sono fermata più. Ma non avevo ambizioni, avevo solo tanto bisogno di respirare.

In seguito a un problema di salute, la tua protagonista si ritrova dotata di un potere alquanto singolare: poter comunicare con piante e animali. Se possedessi anche tu questa capacità, quale conversazione impossibile ti piacerebbe avere?
Vorrei tanto coricarmi a braccia spalancate per terra in un bosco e ascoltare gli alberi, i cespugli, i muschi, i funghi. Vorrei sentire cos’è la vita per creature tanto differenti da noi e che quindi possono avere tutta un’altra percezione dello spazio, del tempo, dei concetti di individualità e socialità. Chiuderei gli occhi e mi lascerei trasportare da quel respiro straordinario che trasforma la luce in vita e sono certa che si aprirebbero universi di percezione differente nei quali mi perderei, commossa e grata.

La gatta Lulù si dilunga in chiacchiere come una pettegolissima portinaia, mentre l’elegante cane Bergerac si esprime come un cavalier cortese e la coppia di doberman si atteggia a Men in black: come decidi quale tone of voice dare a ognuno dei tuoi personaggi? Come scegli la loro personalità?
Ma non decido nulla, sono in balia dei personaggi, fanno tutto loro! Scherzo, ma solo in parte: scrivo di getto e, mentre lascio libera la fantasia, compaiono una gatta, un topo, un geco e questi prendono vita senza che ci sia un pensiero programmato alla base. In realtà, sotto a questa montagna di follia disorganizzata, nella mia testa dev’esserci un elemento lucido nascosto perché un po’ si vergogna, ma che tiene un minimo le fila. E, se dovessi dire cosa fa, credo agisca in modo che i miei animali, a differenza degli umani, abbiano sempre il coraggio di essere ciò che sono al di là delle attese degli altri. Uno fra tutti, Bergerac: è un randagino dall’estetica discutibile, dal passato bohémien fatto di notti all’addiaccio e fame, eppure nessuno sa essere un vero lord quanto lui.

Il tuo è un giallo atipico, perché i testimoni chiave spesso nelle tue storie appartengono al mondo animale e vegetale. Cosa ti affascina di più del genere della detective story e cosa significa per te poter partecipare al prestigioso NebbiaGialla Suzzara Noir Festival?
Partecipare al NebbiaGialla è un onore tale per me che non ho ancora realizzato la cosa. È che in queste occasioni, mentre la realtà va a ritmo normale, la mia emozionalità funziona in slow motion, per cui resto in ritardo. Quindi mi dicono “Eri così tranquilla”. No, non ero tranquilla, è che non capivo.
Ma tornando al mondo del giallo e del noir, a lungo mi sono chiesta “Cosa ci faccio qui? Scrivo di asini e carlini!”. Alla fine però credo che la narrativa gialla e noir ci aiuti a esorcizzare la violenza, quella altrui e quella nascosta nel nostro personale buio. Ogni scrittore, per compiere questo viaggio complesso e che scava in zone oscure, ha un suo modo. Il mio è quello surreale, nel quale animali e piante dicono l’indicibile perché sanno guardare ciò che noi umani troppo spesso decidiamo di non vedere.

Terzo capitolo della saga che segue le indagini di Anna Melissari, tornano i personaggi più amati dai lettori, ma qualcosa è cambiato: come si sono evoluti i tuoi protagonisti in questo ultimo romanzo e come è stato per te, da scrittrice, provare a immaginare quale sarebbe stato il naturale sviluppo dei loro caratteri?
Una volta che i personaggi hanno una loro coerenza strutturale, si muovono e si evolvono grazie a essa. Crescono come cresciamo tutti, con la vita ci cambia e qualche volta siamo costretti a restare su percorsi obbligati, qualche altra abbiamo il coraggio e l’energia per saltare altrove. Anna in quest’ultimo romanzo fa un salto grosso, ma non scorda che ci è riuscita anche perché ha avuto di fianco chi non l’ha lasciata sola. Perché nei libri, ancora come succede nella vita reale, siamo sistemi di relazioni complesse: se si muove anche solo di un soffio un elemento, tutto il sistema si modifica a sua volta facendolo com’è normale che sia, in base alle caratteristiche e a un flusso che noi scrittori possiamo raccontare solo se lo facciamo con attenzione e rispetto.

Lo stile scanzonato ma arguto dei tuoi romanzi si presterebbe bene al piccolo schermo: volendo sognare in grande, come ti immagineresti un futuro adattamento televisivo e quali volti daresti ai tuoi protagonisti?
Faccio fatica a immaginare qualsiasi trasposizione televisiva, per questo mi affiderei con gioia e curiosità a chi in questo campo si muove con competenza e professionalità. In ogni caso, sarà per la mia passione per i fumetti e i manga, sarà perché l’animazione ultimamente ha raggiunto vette altissime e finalmente anche in Italia abbiamo capito che non è solo per un pubblico infantile, non mi dispiacerebbe affatto se l’adattamento televisivo passasse da essa.

Nell’ultimo capitolo della saga, un geco mitomane afferma di aver commesso un omicidio. In un momento di mitomania, quale sarebbe il romanzo che vorresti giurare di aver scritto tu?
Uh, una Sarah mitomane, divertentissimo! Come mitomane però è necessario far le cose per bene, sparandola grandiosa, sennò non c’è gusto. Quindi… qualcuno deve pur dirlo, la gente deve sapere: Dieci piccoli indiani l’ho scritto me, di pirsona pirsonalmenti!

 

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