Irene Bignardi: L´America rilegge la sua storia

27 Gennaio 2003
PARK CITY (UTAH) - U.S.A., diceva Graham Greene, sta per United States of Amnesia, stati uniti della mancanza di memoria. Difficile obiettare, anche se qualche volta il vivere nel presente e per il futuro può essere una grande qualità. E anche se una bella fetta del cinema americano «alternativo» e indipendente ha sempre coltivato, attraverso i documentari, quella memoria che il pubblico cerca di cancellare, proiettato com´è verso nuovi miti e nuovi nemici.
Questo desiderio di memoria e di scavo nel passato, si direbbe, è stato sollecitato dalla particolare condizione in cui vive l´America dopo l´attentato terroristico alle Twin Towers, ed è illustrato in una serie impressionante di bei documentari che percorrono la storia e l´esperienza recente della nazione americana quasi ci fosse oggi una particolare urgenza di capire come certe idee, pregiudizi, preclusioni, si siano potuti sedimentare nella comune coscienza, come certi miti americani - uno per tutti, la perfetta famiglia - siano da rivedere.
E´ un caso di «revisionismo» al positivo (e un pezzo di storiografia cinematografica che farà certamente discutere immigrati cubani e destra Usa) il bel documentario - intervista che Oliver Stone dedica a Fidel Castro, "Comandante". Ma non è meno sorprendente per il pubblico americano il film con cui Sam Green e Bill Siegel seguono il percorso ideologico e umano dei «Weather Underground», il gruppo clandestino terroristico che durante la guerra del Vietnam e l´amministrazione Nixon colse di sorpresa l´America con una serie di attacchi ai simboli delle istituzioni politiche e del potere economico - e liberando Timothy Leary dalla prigione. Alla vigilia di una nuova guerra annunciata, le motivazioni ideali, le ragioni e le contraddizioni dei leader del gruppo - alcuni morti, alcuni sopravvissuti alla clandestinità e al carcere e tornati nella «società civile» - hanno una impressionante risonanza anche « morale».
"Brother Outsider: The Life of Bayard Rustin", di Nancy Kates e Bennet Singer, riporta alla memoria collettiva la figura di colui che fu per molti anni il più importante collaboratore di Martin Luther King e che organizzò la grande marcia su Washington del 1961. Un leader scomodo: perché radicale (aveva un passato da comunista), e gay in un´epoca particolarmente intollerante. Ma una figura affascinante, perché tutta la sua vita è stata una lotta continua contro l´intolleranza e la violenza del potere, una testimonianza continua per i diritti politici e civili. E, a proposito di diritti civili, "The Murder of Emmett Till", di Stanley Nelson, racconta un episodio terrificante avvenuto nell´estate del 1955 nel delta del Mississippi, quando Emmett Till, un ragazzino di colore di 14 anni che era in vacanza presso dei parenti, sparì misteriosamente. Venne ritrovato nel fiume, irriconoscibile. I due accusati dell´assassinio (tra cui un bottegaio con una bella moglie a cui il piccolo Emmett avrebbe, si dice, dedicato un fischio di ammirazione che gli è costato la vita) vennero dichiarati innocenti nonostante una serie di testimonianze oculari li accusassero. La madre di Emmett decise tuttavia di esporre pubblicamente il cadavere mutilato del figlio, facendo della sua morte una denuncia politica della condizione dei neri d´America.
Altrettanto sconvolgente, "Capturing the Friedmans", di Andrei Jarecki, demolisce il mito della perfetta famiglia americana: o almeno di una, i Friedman, appunto, ricchi, affettuosi, allegri, uniti. Troppo: tanto è vero che il padre (Arnold) e uno dei figli (Jesse) vengono accusati e condannati per pedofilia e sodomia su dei minori. Il film è quasi un´indagine poliziesca che non riesce ad arrivare a delle conclusioni: colpevoli, innocenti, vittime di un´isteria collettiva e di un caso costruito ad arte dalla polizia? Tutto è possibile. Ma la sorpresa viene dal fatto che tre quarti del film sono fatti dei video casalinghi che i Friedman dedicano a se stessi, comprese le discussioni, le accuse reciproche, e una assurda danza di "Cheek to Cheek" tra padre e figlio alla vigilia del processo che li condannerà a molti anni di carcere.

Irene Bignardi

Irene Bignardi (1943) ha lavorato per il servizio cultura de “la Repubblica” fin dalla sua fondazione, e per lo stesso quotidiano è stata critica cinematografica; ha diretto il MystFest, ha …