Enrico Deaglio: Il coraggio di dialogare
28 Febbraio 2003
Ichino (professore, giuslavorista, uomo pubblico che aderisce alla sinistra
riformista) parla di sé, per dire che sa di essere un bersaglio della Brigate
Rosse, così come era il suo amico Marco Biagi. Parla della sua morte possibile
- nella Milano in cui abita e in cui, fino a ieri si muoveva tranquillamente in
bicicletta perché così gli è stata prospettata dalle forze di polizia che
vigilano su di lui, per notizie evidentemente molto serie che la polizia ha
avuto. Si rivolge alle Brigate Rosse con sentimenti diversi e uniti:dignità,
angoscia, coraggio. E a loro (chiunque siano) dice: guardiamoci negli occhi,
proviamo a parlarci. Rispondete anche se avete intenzione di spararmi. Alla sua
situazione, Ichino aggiunge un elenco di dialoghi disperatamente impossibili:
tra Islam e Occidente, tra Israele e Palestina, tra americani e iracheni. Chiama
questo tentativo "una cornice", sfida i terroristi a prenderla in
considerazione; in qualsiasi forma e, se no, si dice disposto a morire. Ad occhi
ben aperti. Credo che tutto sia eccezionale, in questo scritto. I toni e la
personalità dell’autore. Il contesto in cui viviamo. La straordinaria
collocazione che il Corriere gli ha dato e l’assenza di significative
reazioni, al momento in cui scrivo. E poi, la disperazione. Lo squarcio sulla
devastazione nella vita privata di una persona che nessuno conosceva come reale,
ma solo come figura professionale. Vogliamo andare avanti? Vi potremmo trovare
di tutto, dalla supplica di Priamo alle lettere del prigioniero Aldo Moro, alle
ragioni dell’umanità contrapposte a quella delle ideologie, alla capacità
del terrorismo di fare proprio quello a cui si dedica: creare il terrore. Oppure
le lettere dei condannati a morte. O le riflessioni - solo apparentemente deboli
- degli uomini candidi. Nelle prime righe del suo articolo - che non parla, come
aveva sempre fatto, di lavoro interinale, di flessibilità, o di pensioni -
Ichino lamenta di non poter più andare in bicicletta per Milano, perché i suoi
tutori glielo impediscono. Non solo deve andare in macchina, mezzo che non
apprezza più di tanto, ma addirittura una macchina di scorta lo segue. Io non
so se nei "covi" di cui Ichino parla, in cui si è organizzato l’omicidio
del suo collega Marco Biagi e in cui si è progettato il suo attentato,
leggeranno la sua proposta di dialogo. Ma suppongo di sì: nei "covi",
in tutti i covi, si passa la vita a ritagliare e a sottolineare giornali. Non
credo che nessuno - nei "covi" - abbia il suo coraggio e accetti un
dialogo. (Ma forse,qualcuno leggerà e sottolineerà fino a cavarsi gli occhi il
suo articolo). In ogni caso lei, professor Ichino, secondo me ha scritto parole
importanti. E le ha scritte mettendosi in maglietta - anzi, si è messo quasi
nudo - e ha preso la bicicletta. Se ha bisogno di un passaggio, la porto in
canna.
Enrico Deaglio
Enrico Deaglio è nato a Torino nel 1947. Dal 2012 risiede a San Francisco. Ha lavorato nella carta stampata e in televisione. Si occupa di mafia da quarant’anni; nel 2021 …