Francesco Piccolo: Quella stele negata per i curdi

28 Agosto 2003
Perché il sindaco di Mirabella Eclano - un rappresentante delle istituzioni, qualcuno quindi che è lì per sorvegliare il rispetto delle regole, non per cercare le eccezioni - sperava di avere uno strappo alla regola?
Ricostruiamo la situazione. Un anno fa, il 31 agosto, nell’area di servizio di Mirabella Eclano, sull’autostrada Napoli-Bari, avvenne la morte di sei curdi, asfissiati all’interno di un Tir. Una storia tragicissima, che attirò l’attenzione per la ferocia dell'evento che colpisce disperati disposti a tutto per trovare una ragione di vita nel mondo.
Un anno dopo, verrà inaugurata una stele in ricordo di quel tragico evento, soltanto che verrà collocata più in là di trenta metri, al di fuori del territorio della Società Autostrade. Perché per regolamento, l’ente non prevede la possibilità di apporre cippi funerari all’interno della sua rete stradale. Il motivo è semplice: se ci fosse questa libertà, la rete si riempirebbe (purtroppo) di sculture in ricordo di deceduti nella maniera più tragica e ripetuta che si ha in Italia: incidente stradale. Una delle piaghee di questo paese.
Regola rispettabile, comprensibile. La burocrazia poi viene sempre recepita in termini gogoliani, invece alle volte ha alla base ragioni sensate. Perché allora il sindaco continua a rammaricarsi per la mancanza dello strappo alla regola? Perché molti di noi, con trasporto emotivo, stavolta pensano che è vero, uno strappo si poteva fare? È il solito modo italico di contrastare le regole per accumulo di strappi?
No, non è questo. Cosa dà alla stele (una scultura che raffigurerà Icaro e un angelo in volo, peraltro sollecitata proprio sul "Mattino" dal poeta Franco Arminio) dignità di strappo ai regolamenti? Il suo valore simbolico riguardo alla condizione del nostro tempo. Il suo valore storico, sociale. La questione umana che riguarda addirittura l'intera nostra epoca e la tragedia che uno dei fenomeni più importanti si trascina all’interno di essa: il flusso migratorio. Un pulviscolare intero mondo che si dirige verso la Vecchia Europa per cercare qualcosa che lo riscatti dalla miseria più nera. Creando problemi, sollevazioni, accoglienze. Modificando la storia e la composizione della società. Rendendo il mondo più globale, contaminando le culture, e dando a queste ragioni un giudizio sia positivo sia negativo. Con le reazioni più diverse che ognuno ha avuto in questi anni.
Quindi cosa differenzia la morte dei sei curdi dalle altre morti, che non possono essere meno tragiche? Il fatto che non è soltanto la tragica morte di sei curdi, non rappresenta solo se stessa ma rappresenta qualcosa. Cioè, succederebbe che fermandosi a guardare la stele quando si fa benzina o a prendere il caffè nell’area di servizio, ci si ricorderebbe non soltanto dell'evento cronachistico ma di un processo storico intero, che è forse il principale della nostra epoca. Quando gli storici parleranno degli anni che stiamo vivendo, parleranno degli interi popoli della terra che sono sbarcati nel Mediterraneo. Che tentavano con tutti i mezzi di raggiungere ogni angolo d'Europa, bene accolti o brutalmente cacciati. Ma come ogni evento della Storia, anche avrà lasciato sul campo delle vittime. Ecco: i sei curdi rappresentano platealmente la tragedia del nostro tempo. Di fronte a questo pensiero, forse la burocrazia forse poteva fare un passo indietro. Peccato. Soprattutto per quelli che non allungheranno lo sguardo di trenta metri e non avranno occasione di riflettere per un momento sulla condizione del tempo che stiamo vivendo. Per capirci qualcosa, forse per immaginare una soluzione.

Francesco Piccolo

Francesco Piccolo è scrittore e sceneggiatore. Per Feltrinelli ha pubblicato Storie di primogeniti e figli unici, E se c’ero, dormivo, Il tempo imperfetto, Allegro occidentale. Per Einaudi, La separazione del …