Erri De Luca: Saddam H. L’immagine della resa

19 Dicembre 2003
Non è barba di profeta quella emersa dal fondo di una botola e illuminata dalla fotoelettrica. Non ha messaggi per il futuro, ma una notizia aggiunta a una cronaca già scaduta: il suo regime, finito senza di lui, ora è finito anche con lui. Non è barba di clandestino, guerrigliero che si è camuffato per meglio battersi e che si aggira in maschera tra i suoi. È barba di arreso da tempo, di appassito senza la vitamina del potere, da quando è rimasto senza Baghdad.
Ritornato alla sua provincia, protetto da una siepe di dollari e di concittadini, era merce in vendita. L’intelligence l’ha preso quando qualcuno dei suoi l’ha messo all’asta. L’intelligence oggi è questione di cassa e non d’intelligenza.
La sua barba è solo segno di lutto per il potere perso, per i figli uccisi. Non ha voluto morire come loro e questo è imperdonabile ai tiranni. Si è voluto salvare. Qualunque cosa gli accada in futuro, di certo non salverà il suo nome. Le masse arabe furiose contro l’occidente americano e nostro confidavano in lui, nella sua lotta e nella sua morte eroica. La causa palestinese ne aveva fatto un monumento alla resistenza e invece lui ha svenduto per qualche giorno di vita trascinata in più, tutto il capitale accumulato intorno al suo nome. Alla temperatura incandescente dei kamikaze lanciati a bomba contro gli occidentali, la sua resa da inerme è una patacca degna del mercato di Forcella.
Nel panorama dei tiranni deposti sta in posizione intermedia. Non è Milosevic, arrestato dai suoi e spedito in campo neutro all’Aja. Ma non è nemmeno Mussolini, colto sulla via di fuga mentre cercava di mettere al sicuro in Svizzera la borsa e la vita, svignandosela in borghese come un ladro, mentre i repubblichini finivano falciati dalla resistenza vittoriosa. Questa vigliaccheria Saddam H. l’ha risparmiata ai suoi.
Ora è un tiranno arreso, deriso da ispezioni corporali in guanti di plastica (ah l’igiene, come ci teniamo), riprese e diffuse con deroga al trattato di Ginevra che prescrive di non umiliare i prigionieri.
È un tiranno impagliato, già insaccato in qualche cella federale, pronto a finire su qualche circo televisivo di un Buffalo Bill che lo esibisce a un pubblico pagante.
È di certo un sollievo per l’immagine acciaccata di un presidente, anche se la cartuccia è stata sparata con largo anticipo sulle presidenziali dell’anno prossimo. Ma la messa a riposo di Saddam H. non ha e non può avere effetto sulla guerra di logoramento tra truppe straniere e formazioni irregolari in terra d’Iraq. Il famigerato asso di picche di una guerra ridotta a un mazzo di carte, contava come il due di fiori, quando fiori non è briscola. Non comandava neanche il pranzo e per la sua fazione era diventato un peso. Ora i sunniti hanno le mani libere da ogni obbedienza. Ovvi i festeggiamenti degli oppressi, ma per ora non c’è granché da festeggiare in Iraq, né da litigare su chi potrà profittare di appalti.

Erri De Luca

Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Ha pubblicato con Feltrinelli: Non ora, non qui (1989), Una nuvola come tappeto (1991), Aceto, arcobaleno (1992), In alto a sinistra (1994), Alzaia (1997, …