Enrico Franceschini: L'ultima fatica del raìs: un romanzo d'appendice

13 Luglio 2004
Forse invece che un dittatore avrebbe potuto essere uno scrittore, e magari in Medio Oriente i suoi romanzi sarebbero diventati best-seller. Un paio sono stati pubblicati quando era ancora al potere e hanno avuto immenso successo, almeno a sentire quel che raccontavano all'epoca i giornali del suo regime. Adesso è apparso il terzo. Titolo: Esci fuori, maledetto. Lo si può leggere, a puntate come i felleuton d'altri tempi, sulle pagine di ‟al-Sharq al-Awsat”, quotidiano in arabo stampato a Londra. L'autore, Saddam Hussein, ex-presidente iracheno, non ci guadagnerà niente, sebbene lui stesso avesse stabilito il prezzo di copertina: 1500 dinari iracheni a copia. In ogni caso quei soldi non sarebbero stati destinati a lui: dovevano essere devoluti "ai poveri, ai diseredati, agli orfani". Le istruzioni per la pubblicazione sono nel frontespizio del manoscritto originale, insieme alla firma autografa del raìs e alla data, "18 marzo 2003". Cioè un mese prima che cominciasse l'attacco angloamericano. Un mese prima dell'inizio della fine per Saddam. L'autenticità del romanzo è discutibile, ma ‟al-Sharw al-Awsat” la avvalora affermando che l'ex-vice premier iracheno Tareq Aziz, durante gli interrogatori a cui è sottoposto, avrebbe detto: "Il presidente era troppo occupato a scrivere il suo libro per dedicare tempo alla difesa del paese". Come che sia, Esci fuori, maledetto è la storia di Ibrahim, pastore beduino, e dei suoi nipoti, una famiglia nel deserto dellIraq, impegnata a dimostrare il proprio valore davanti alla natura, a nemici d'ogni genere e ad Allah. Vicenda tradizionale e romantica, piuttosto melensa, ma non dissimile da un certo genere di letteratura popolare della regione. Che Saddam coltivasse ambizioni (anche) letterarie, si sapeva, magari con l'aiuto di qualche ghost-writer, più a suo agio di lui con grammatica e processo creativo. Ma quando le notizie della sua attività di romanziere cominciarono a circolare in Occidente, qualche anno fa, fonti dei servizi segreti le interpretarono come un segno ulteriore di instabilità mentale: il dittatore s'era messo in testa di essere perfino un grande scrittore, prima o poi avrebbe fatto eleggere come senatore il suo cavallo. Da quando è stato deposto e quindi catturato, la condizione mentale di Saddam non sembra avere fatto progressi. Proprio il quotidiano ‟al-Sharq al-Awsat”, in un altro articolo, rivela che l'ex-dittatore passa il tempo a fissare il muro della sua cella. La sua giornata in prigione trascorre nella più assoluta inattività, e il suo comportamento fa pensare che attraversi uno stato di profonda depressione. A raccontare qualche dettaglio sulla prigionia dell'ex-raìs è Muwaffaq al-Rabaie, consigliere per la sicurezza nazionale nel nuovo governo provvisorio insediatosi in Iraq, in un'intervista al quotidiano. Saddam, afferma l'alto funzionario, "in carcere passa il tempo fissando il muro, nella sua cella non fa praticamente niente dalla mattina alla sera". Non che l'ex-dittatore abbia molte opportunità di distrarsi: non gli è permesso di guardare la tivù, non può ascoltare la radio, non è autorizzato a leggere giornali, nella sua cella non ci sono "libri, né carta e penna", per cui non può neppure scrivere. Ogni giorno, l'ex-presidente, che indossa una divisa a strisce bianche e nere, incontra le stesse cinque persone: un medico, un infermiere, un interprete, un secondino e chi gli porta il cibo. Ma non deve lamentarsi, conclude al-Rabaie, perché la sua cella è meglio di quella in cui sono detenuti altri ministri del suo regime, e certamente migliore di quelle in cui erano rinchiusi gli oppositori ai suoi tempi. Saddam era apparso a tratti vivace, pieno di energia e sicuro di sé, alla prima seduta del processo contro di lui nei giorni scorsi a Bagdad. Ma successivamente fonti irachene e americane hanno indicato che l'ex-dittatore è in realtà depresso e sfiduciato. Chissà se, sul muro della cella, vede scorrere le avventure del pastore Ibrahim in Esci fuori, maledetto.
Ha collaborato Marco Hamam

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …