Enrico Franceschini: L'Inghilterra volta pagina. Addio al sindacato dei minatori

14 Ottobre 2004
Sindacalisti di tutto il mondo, commuovetevi. Questo fine settimana, a Scarborough nello Yorkshire, la dirigenza della National Union of Minworkers (Num), confederazione dei lavoratori delle miniere britanniche, si riunirà per decidere una probabile fusione con il sindacato autotrasportatori. La decisione è inevitabile: alla Num sono rimasti meno di 3 mila iscritti. Chiuse la maggior parte delle miniere, licenziati la maggioranza dei minatori, anche il sindacato della categoria era destinato a scomparire: per sopravvivere, dovrà aderire a una federazione più grande. "Abbiamo sempre lavorato a stretto contatto con i minatori", commenta Bob Crow, presidente del sindacato trasporti, "non per nulla eravamo noi a trasportare il carbone che loro estraevano, per cui possiamo benissimo militare nella stessa organizzazione". Per i minatori di Gran Bretagna, tuttavia, sarà come girare l'ultima pagina di una storia lunga, gloriosa, infine dolorosissima. E per chiunque si occupa di lotte sindacali sarà l'ennesimo stimolo a riflettere su quanto è cambiato il mondo del lavoro. Al suo apice, nel 1945, il sindacato minatori contava oltre 700 mila iscritti. In un paese che traeva il proprio fabbisogno energetico (importazioni a parte) esclusivamente dal carbone, dunque dalle miniere, aveva un potere immenso. Fu a lungo la guida del movimento operaio. I suoi scioperi sono entrati nella leggenda. Ma fu appunto uno sciopero, il più lungo e drammatico del ventesimo secolo in Gran Bretagna, a segnare l'inizio della fine. All'epoca il segretario generale della Num era Arthur Scargill, un combattivo marxista che credeva nel socialismo. A lui si deve l'invenzione dei flying pickets, i picchetti volanti: l'arrivo a sorpresa di migliaia di scioperanti davanti a una miniera o a una fabbrica, per costringerla a sospendere l'attività. Così i minatori avevano fatto cadere un governo conservatore, quello del primo ministro Heat, nel '74. Dieci anni più tardi ci riprovarono con il governo di Margaret Thatcher, e gli andò male: anzi, malissimo. La "lady di ferro" voleva tagliare la produzione di carbone, chiudere decine di miniere e limitare l'influenza dei sindacati. Lo sciopero scattò il 5 marzo 1984. Si concluse il 3 marzo 1985, un anno dopo, con l'umiliante sconfitta dei lavoratori, che tornarono in miniera senza avere ottenuto niente. La svolta venne con la "battaglia di Orgreave", la miniera davanti alla quale si scontrarono 32 mila scioperanti e 8 mila poliziotti in assetto di guerra. Ci furono centinaia di arresti e di feriti. Ma la miniera rimase aperta. Naturalmente non è stata solo la mano dura della Thatcher a sconfiggere i minatori, bensì la possibilità e la scelta di fonti di energia alternative: il gas, il petrolio, le centrali nucleari, poco per volta hanno reso il carbone obsoleto. Tra il 1983 e il 1990 le miniere chiusero una dopo l'altra. Il numero dei minatori passò da 180 mila a 60 mila, per ridursi ulteriormente negli anni successivi. L'ultima miniera di carbone del Galles ha chiuso nel '94. Ne rimangono in funzione soltanto un pugno, nello Yorkshire e nel Lancashire. Nel '96, dopo le riforme avviate da Tony Blair nel Labour Party, in particolare dopo la cancellazione della clausola di orientamento marxista che metteva tra gli obiettivi "il possesso statale dei mezzi di produzione", il vecchio leader dei minatori, Arthur Scargill, si è dimesso dal partito laburista per fondarne uno nuovo, il Socialist Labour Party. Da allora ha tentato più volte di farsi eleggere deputato, ma senza fortuna; mentre il New Labour di Blair ha vinto due elezioni consecutive e nel maggio prossimo potrebbe ottenere una terza, storica affermazione consecutiva alle urne.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …