Fabrizio Tonello: Presidenziali. L'incubo Florida dilaga

29 Ottobre 2004
La notte elettorale del 2 novembre rischia di essere molto lunga, negli Stati Uniti. Non ci sarebbe per nulla da stupirsi se il caso Florida del 2000, con migliaia di voti da ricontare, prolungate battaglie legali e una decisione finale della Corte Suprema, si ripetesse quest'anno moltiplicato per dieci: tanti sono, infatti, gli stati in cui i candidati sono statisticamente alla pari e quindi la vittoria potrebbe essere decisa da una manciata di schede. E' perfettamente possibile che in Minnesota, Ohio, Wisconsin, Iowa, Arkansas, West Virginia, Florida, Nevada, Colorado e New Mexico si debba contare fino all'ultimo voto, compresi i "voti provvisori" e i voti per posta che dovranno essere esaminati uno a uno. Nel 2000, per esempio, circa 100.000 persone fecero ricorso ai "voti provvisori" nel solo Ohio, il che corrispondeva al 2% dei 4,7 milioni di voti espressi. Difficile attribuire questo stato, che è decisivo tanto per Bush quanto per Kerry, sulla base degli exit polls e non dei conteggi definitivi.
Dopo la farsa della Florida, nel 2002, il Congresso approvò una legge chiamata ‟Help America Vote Act”
Alcuni stati, come la Florida il cui governatore è sempre Jeb Bush, hanno usato la legge per aggravare una discriminazione nei confronti delle minoranze che già si era rivelata palese nel 2000. Hanno appaltato la compilazione delle liste elettorali a una ditta privata (di simpatie repubblicane) che ha nuovamente escluso tutti i condannati a una pena detentiva, anche in altri stati e anche quando si trattava di infrazioni minori come la guida in stato di ubriachezza. Molti elettori erano stati inoltre cancellati dalle liste pur non essendo mai stati condannati, o semplicemente perché avevano nomi simili a quelli di persone che avrebbero dovuto essere escluse. Questo trucchetto fruttò, nel 2000, l'esclusione dal voto di ben 55.000 afroamericani, che presumibilmente avrebbero votato al 90% per il candidato democratico, portandogli quindi 50.000 voti, cento volte di più del margine di 537 voti in base al quale Bush fu dichiarato vincitore in Florida e, quindi, presidente degli Stati Uniti.
Quest'anno era possibile votare a partire dalla settimana scorsa, ma il grosso dei cittadini si recherà ai seggi martedì 2 novembre e non è detto che trovino il loro nome al posto giusto, che abbiano compilato correttamente i moduli per iscriversi e quant'altro. I problemi saranno tanto più gravi in quanto il numero di nuovi elettori che i due partiti hanno fatto di tutto per registrare è, in Florida, di 2 milioni, in Ohio di 750.000. Saranno loro a fare la differenza.
La buona notizia per Kerry è che, tra gli elettori incerti e tra i nuovi elettori, gode di un ampio margine di vantaggio su Bush. Mentre, secondo gli ultimi sondaggi Gallup, Pew e Rasmussen, i due candidati sono in parità a livello nazionale, tra i giovani e tra chi voterà per la prima volta, Kerry gode di un margine che oscilla tra i 10 e i 15 punti percentuali. Se, quindi, la partecipazione al voto stabilirà un nuovo record, come sembra (dovrebbe essere perfino più elevata di quella del 1992) e se le minoranze si recheranno a votare in massa, in particolare neri e ispanici, Kerry dovrebbe prevalere.
Se, invece, l'affluenza alle urne restasse invariata o qualche incidente turbasse lo svolgimento regolare del voto (allarmi più o meno fittizi lanciati dalla Casa Bianca o addirittura attentati) allora le chances di Bush di essere rieletto sarebbero molto maggiori. In caso di votazioni senza problemi, lo scenario più probabile è una vittoria di Kerry di stretta misura, ma è perfino possibile una replica esatta della situazione del 2000: un maggior numero di voti popolari per i democratici e, di nuovo, una vittoria repubblicana nel collegio elettorale. I brogli della Florida potrebbero, per la seconda volta, portare George Bush alla Casa Bianca.
A pochi giorni dal voto, comunque, l'America democratica, frustrata e delusa per la vittoria "rubata" nel 2000 sta spendendo tuttele sue forze per prendersi la rivincita. Al contrario di quanto sembrava soltanto un mese fa, quando Kerry era molto distante da Bush e la sua campagna appariva senza direzione, oggi il candidato democratico può farcela.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …