Fabrizio Tonello: Usa. Il ministro della tortura

29 Agosto 2007
Con Alberto Gonzales se ne va un altro ‟fusibile” della Casa Bianca di George W. Bush. Dopo Donald Rumsfeld (segretario alla Difesa) e Karl Rove (consigliere politico) è ora il turno dell'Attorney General. Sulle sue dimissioni non sono state offerte spiegazioni convincenti e ci si chiede per quale motivo a soli 15 giorni di distanza l'uno dall'altro Rove e Gonzales, due uomini del cerchio dei fedelissimi del presidente, hanno abbandonato il campo. Il Congresso è in ferie e non c'era alcuna campagna di stampa sulle loro malefatte. Mentre le loro cariche erano di grande rilievo: Rove era l'autore della fortuna politica di Bush e Gonzales il difensore delle politiche più indifendibili, come la tortura, Guantanamo e le intercettazioni telefoniche generalizzate. Nel caso di Gonzales, è possibile che abbia preso sul serio una minaccia di impeachment che stava prendendo forma alla Camera, dove i democratici hanno una maggioranza in grado di avviare il procedimento. Se il partito lo avesse difeso, tuttavia, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di ottenere una condanna in Senato, dove il quorum è 67 voti mentre i democratici a stento ne hanno 51. Forse la spiegazione più vicina alla verità è quella più semplice: la partenza di Rove e di Gonzales permette ai due uomini di evitare logoranti battaglie per difendere cariche che tra meno di 18 mesi avrebbero dovuto lasciare comunque. Andandosene ora evitano di diventare un problema politico per il partito e questo permetterà loro di riciclarsi in una delle molte istituzioni del Counter-establishment repubblicano, in attesa di tempi migliori. È chiaro che i repubblicani stanno scaricando la zavorra prima che l'annata elettorale 2008 inizi sul serio. Non vogliono spendere capitale politico di alcun tipo per difendere due collaboratori di un presidente che non si può più ripresentare: la macchina politica messa in piedi negli anni da Rove con la collaborazione di associazioni religiose, imprenditoriali, di contribuenti arrabbiati e di fanatici delle armi da fuoco non sparirà con Bush ma, per il momento, è una macchina senza testa. In America, il presidente è il capo del suo partito e, con ogni probabilità, i repubblicani ritroveranno una decente compattezza dietro il candidato che emergerà dalle primarie. Rudolph Giuliani è in testa nei sondaggi ma non piace ad almeno metà degli elettori del partito; si parla del lobbista-attore Fred Thompson, ma ha un curriculum politico molto modesto e i sondaggi lo danno perdente contro qualsiasi candidato democratico. Gli altri repubblicani in lizza sono più o meno degli sconosciuti, con l'eccezione di John McCain, che sarebbe un buon portabandiera ma è odiato dall'apparato. Bush è quindi privo di strategia: da qui al prossimo febbraio, quando si saprà il nome del candidato alla Casa bianca, il partito repubblicano potrebbe indebolirsi in maniera fatale.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …