Fabrizio Tonello: Primarie 2008. A destra la spunta McCain

07 Febbraio 2008
L'altroieri McCain ha vinto in 9 stati ma per la nomination non è ancora finita. Le vittorie di Romney in 7 stati e, soprattutto, di Mike Huckabee in 5 stati del Sud, mostrano che il suo problema di rapporti con la base militante del partito repubblicano non è ancora risolto. Certo, dalla sua parte stanno l'integrità morale (prigioniero di guerra, decorato, si è espresso pubblicamente contro Guantanamo e la tortura) e la sua ormai palese condizione di ‟miglior candidato” dal punto di vista dell'eleggibilità in novembre. È alla base del partito che, invece, McCain non piace.
Non piace perché ha una reputazione di indipendenza intellettuale e politica dal partito, non è bigotto, è contro le tasse e contro l'aborto ma senza farne delle crociate. Insomma, per le lobby che hanno ricostruito negli anni il partito repubblicano e oggi lo controllano è un candidato di cui diffidare. I militanti della National Rifle Association, del Club for Growth e di Focus on the Family (le tre più importanti associazioni fiancheggiatrici del partito) gli preferiscono di gran lunga Mike Huckabee. Tra gli opinionisti conservatori, solo Bill Kristol è con lui, mentre Ann Coulter e Rush Limbaugh gli sono ferocemente ostili.
Nelle primarie di martedì 5 febbraio, questo si è visto: McCain ha vinto negli stati più importanti, come la California, ma ovunque è stato superato da Romney e da Huckabee nelle preferenze degli elettori repubblicani che si autodefiniscono conservatori, circa il 60% del totale, secondo gli exit polls. Tra costoro, McCain ha ottenuto il 33% in California e Romney il 39%, il 41% in Connecticut e Romney il 44%. In Arkansas e Georgia, dove i conservatori dichiarati sono il 67% dei partecipanti alle primarie repubblicane, McCain ha ottenuto solo il 17% in Arkansas e il 23% in Georgia, mentre Huckabee (sia pure favorito in quanto candidato locale) rispettivamente il 62% e il 43%. In Tennesse, dove si autodefinisce conservatore il 73%, Huckabee ha ottenuto il 38% dei consensi di questo gruppo, Romney il 28% e McCain solo il 24%.
A questo punto è opportuno ricordare che la politica americana non è fatta solo di soldi. Certo, averne conta, e molto. Ma, come ha dimostrato Romney, che ha già speso centinaia di milioni di dollari per ottenere risultati mediocri, conta anche avere migliaia e migliaia di volontari che vanno a bussare alla porta dei cittadini e cercano di convincerli. Questo piccolo esercito di entusiasti viene reclutato tra le file dei membri più attivi del partito, quelli che si sentono più coinvolti dalle cause che il partito ha sostenuto in passato, più ideologicamente motivati.
Huckabee ha dietro di sé un gruppetto di attivisti, Romney può pagare una quantità di ‟volontari”, McCain è piuttosto un candidato di immagine, che piace ai giornali e alle televisioni, ma non ha fin qui convinto i militanti di cui ha bisogno per vincere in novembre.
La prova dello scarso entusiasmo degli elettori repubblicani verso i tre candidati rimasti in lizza sta nei numeri della partecipazione alle primarie: in California sono andati a votare circa 2 milioni di repubblicani e 4 milioni di democratici, in Illinois circa 850.000 repubblicani contro 1,9 milioni di democratici, in New Jersey circa 500.000 repubblicani e il doppio di democratici.
Anche negli Stati più conservatori, la partecipazione è sempre stata più alta fra i sostenitori di Clinton e Obama che fra i repubblicani: solo mezzo milione di questi ultimi ha votato in Tennessee, contro 600.000 democratici; in Missouri, circa 600.000 repubblicani contro mezzo milione di democratici, in Arkansas e in Arizona hanno votato circa lo stesso numero di elettori dei due partiti. Se si pensa che tutti e quattro questi stati sono andati a George Bush sia nel 2000 che nel 2004 e che basterebbe lo spostamento di alcune decine di migliaia di voti in Missouri e in Colorado per farli passare al campo democratico, dando la maggioranza al partito di Clinton e Obama, si capisce perché McCain debba essere preoccupato.
Per com'è fatta la geografia elettorale americana, un candidato repubblicano come McCain avrà una vita molto incerta: gli unici stati in cui martedi ha ottenuto la maggioranza assoluta sono New Jersey, Connecticut, e New York, dove in novembre non ha nessuna possibilità di vincere. Invece, in West Virginia, uno stato marginale di cui i repubblicani hanno assolutamente bisogno per conservare la maggioranza, Huckabee e Romney hanno ottenuto circa metà dei consensi ciascuno, lasciando a McCain appena l'1% dei voti. Che succederà tra gli elettori repubblicani del Sud se, alla fine, la convention del partito nominerà proprio McCain?
Certo, lui conta sul fatto che anche un elettorato repubblicano scontento e diviso andrebbe a votare compatto contro Hillary Clinton, ma non è affatto sicuro né che Hillary sia il candidato (tra i democratici l'incertezza dominerà probabilmente tutto il resto della stagione delle primarie) né che la repulsione per la ex first lady sia superiore alla tentazione di astenersi, o di rinunciare a fare campagna elettorale. Le ultime due elezioni presidenziali sono state vinte dai repubblicani o prendendo meno voti dei democratici, come nel 2000, o conquistando una maggioranza nel collegio elettorale attraverso una serie di risicate vittorie a livello degli stati, vittorie rese possibili da una fortissima mobilitazione dell'elettorato conservatore, come nel 2004. Se questa mobilitazione in novembre non ci sarà, neppure l'eroe di guerra McCain potrà farcela.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …