Una porcheria immonda. Il Congo sotto Leopoldo II 1885-1908

16 Settembre 2014

Il 1° giugno 1885 re Leopoldo II, nel suo palazzo di Laeken, si svegliò come un altro uomo: oltre che re del Belgio, a partire da quel giorno aveva anche la sovranità su un nuovo stato, lo Stato Libero del Congo. Uno stato che sarebbe esistito per la precisione ventitré anni, cinque mesi e quindici giorni: il 15 novembre del 1908 fu trasformato in una colonia del Belgio. Il Congo quindi non nacque come una colonia, ma come uno stato, tra l’altro come uno dei più singolari che l’Africa Sub-sahariana abbia mai conosciuto.
Per cominciare, il suo capo stato viveva a più di seimila chilometri a nord, a quattro settimane di navigazione dal suo regno, un viaggio che d’altronde lui non intraprese mai. Leopoldo ii, dal momento della sua investitura nel 1885 fino alla sua morte nel 1909, non avrebbe mai messo piede in Congo. Considerando i rischi per la salute legati a una tale iniziativa, ciò non dovrebbe sorprendere. Nemmeno i capi di stato di altre potenze coloniali europee si recarono nei territori da loro acquisiti di recente nell’Africa Centrale. Più singolare fu il fatto che il sovrano belga, contrariamente ai suoi colleghi, regnava come sovrano assoluto sui suoi territori d’oltremare. Anche Bismarck, la regina Vittoria e Jules Grévy, presidente della Terza Repubblica in Francia, nell’anno 1885 erano a capo di vaste zone dell’Africa, ma non le possedevano personalmente. L’amministrazione delle loro colonie era di competenza dello stato, che agiva mediante il Parlamento e il governo, e non era un affare personale, mentre il sovrano belga regnava a nome proprio.
Ufficialmente il regno del Belgio in quel momento non aveva ancora niente a che fare con il Congo; per caso condivideva lo stesso capo di stato con quel posto lontano e sperduto ai tropici. In Belgio Leopoldo era un monarca costituzionale con poteri limitati, in Congo era un sovrano assoluto. Tale regime estremamente personalizzato lo faceva somigliare più a un re quattrocentesco del Regno del Kongo che a un moderno monarca europeo. Per di più si comportava come se quel regno gli appartenesse davvero.
Del resto, Leopoldo si procurò tale potere in maniera subdola. Le grandi potenze europee non avevano riconosciuto lui, ma l’Association Internationale du Congo come l’istanza con sovranità sul bacino del Congo. Nessuno però sembrò protestare quando, dopo la Conferenza di Berlino, Leopoldo abbandonò questa costruzione di facciata e cominciò a presentarsi, in maniera plateale, come sovrano dello Stato Libero del Congo. In lui si vedeva un grande filantropo, con molti ideali e soprattutto molti mezzi.
Sul posto le cose presero tutta un’altra piega. I suoi ideali si rivelarono di natura piuttosto pecuniaria, i suoi mezzi spesso molto precari. All’inizio lo Stato Libero del Congo esisteva solo sulla carta. Persino alla fine del diciannovesimo secolo Leopoldo disponeva al massimo di cinquanta stazioni, ciascuna a capo di una regione grande quanto i Paesi Bassi. In teoria, perlomeno. In pratica parti consistenti di territorio sfuggivano a un effettivo controllo. Il Katanga era ancora per lo più nelle mani di Msiri, Tippo Tip spadroneggiava ancora a est, diversi capi locali non si davano per vinti. Il numero di rappresentanti dello stato restò limitato fino alla fine dello Stato Libero. Nel 1906, su un totale di tremila bianchi, c’erano solo millecinquecento funzionari europei (gli altri erano missionari e mercanti).
Significativo, per il carattere approssimativo delle decisioni prese, era il fatto che nessuno sapesse con precisione dove si situassero i confini del regno di Leopoldo. Nemmeno lo stesso re, di opinione peraltro assai mutevole a riguardo. [...]

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