Riccardo Staglianò: Una clinica che nasconde le docce per evitare incubi agli ex deportati

26 Gennaio 2003
Nel pozzo nero della memoria il ricordo più lancinante può essere evocato dalle gocce argentine che zampillano da una doccia. L´acqua è calda, i bagni accoglienti, gli infermieri sorridono ma se sei stato nei campi di concentramento nessuna differenza rispetto all´antica menzogna nazista per mascherare l´esecuzione con il gas basterà per disinnescare l´associazione di idee. Tanto più se, come non è raro tra molti dei ragazzi d´allora, il cervello ha sviluppato una ruggine senile. Perché l´Alzheimer ha un effetto collaterale sadico e paradossale: cancellando la memoria a breve esalta quella a lungo termine, rende opaco fino a far scomparire ciò che è successo cinque minuti prima mentre punta un riflettore inesorabile su dettagli risalenti a mezzo secolo indietro. Un´esperienza vissuta quotidianamente alla "Jewish Home for the Aged" del Baycrest Apotex Centre di Toronto, una delle cliniche geriatriche più grandi del mondo, dove circa la metà dei pazienti con qualche seria forma di deperimento cerebrale è composta da sopravvissuti all´Olocausto. Al momento del caffè non sanno già più dire che minestra hanno mangiato ma lo scrosciare dei rubinetti, l´odore di un disinfettante o una domanda mal posta possono far scatenare i fantasmi di un passato remoto reso vivido dalla malattia.
Triggers, "grilletti", li chiamano nel manuale ad uso dei medici e degli infermieri dell´importante centro canadese ed è un termine che rende l´idea perché, premendoli, la mente può fare fuoco. Su se stessa. Tutto quello che avveniva allora bisogna cercare di non farlo venire a galla. Quindi nessuno sta in fila per i vaccini anti-influenzali o per la prescrizione di medicinali: nei campi ci si metteva in coda per tutto, compreso l´andare a morire. Lo staff evita di usare torce elettriche di notte perché i nazisti lo facevano controllando i dormitori. E se per convincere molti anziani a fare la doccia bisogna inventarsi uno zuccherino linguistico ("Possiamo andare a fare un bodn?", propone, in yiddish, l´infermiera Cindy Gabriel) anche per il bagno, può essere difficile dal momento che fa tornare in mente a molti gli esperimenti di ipotermia dove i prigionieri erano messi in vasche di acqua gelata oppure piene di disinfettante perché la scienza medica ariana provasse i suoi macabri esperimenti.
Chaya Vilensky è una sopravvissuta. A 88 anni veste ancora con grande eleganza e non ha, come la maggior parte degli altri ospiti, alcun problema economico ma quando vede per terra un panino mangiato a metà non può fare a meno di raccoglierlo e conservarlo nell´armadio della sua stanza. Dopo l´invasione della Lituania nel '41 sua figlia Miriam, di un anno, morì di fame nel ghetto di Kaunas. L´antica ossessione, rispolverata dal morbo, censura i comportamenti. Spesso gli internati sono riluttanti a dire che hanno un malessere o provano dolore. Una reticenza le cui cause Paula David, coordinatrice dell´Holocaust Resource Project, sa descrivere: "Ad Auschwitz le prime persone a essere uccise erano quelle malate e vulnerabili". Per i medici, però, che devono cercare di scoprire sintomi non dichiarati, è un trabocchetto in più. E lo staff sanitario vigila anche sulle involontarie gaffe altrui come quando a un´impiegata dell´amministrazione, rea di avere un passo marziale e scarpe dal tacco squadrato che mettevano brutti pensieri ai pazienti, fu richiesto di attutire le falcate e cambiare calzature.
Ma se Baycrest è un osservatorio specializzato sugli scampati della Shoa - "E´ la più grande cucina kosher del Canada" sdrammatizzano -, il problema non riguarda solo loro. "Anche le vittime di stupri, incesto, pulizie etniche e ogni forma di violenza - spiega al Globe and Mail Donald Stuss, direttore di uno dei due centri studi interni - potrebbero rimanere intrappolate nel loro passato più angoscioso man mano che la demenza si fa strada. E´ un pericolo universale". E destinato ad allargarsi se le stime dei ricercatori canadesi - che ipotizzano per il 40 per cento delle persone una qualche forma entro gli 80 anni - sono giuste. Una sorte terribile che condanna chi vorrebbe, più di ogni altra cosa dimenticare, all´ergastolo della memoria. "Yzkor", spiega il solito glossario yiddish per gli infermieri, è la parola ebraica per "ricordare". Quella che l´Alzheimer, nella testa dei vecchi di Baycrest, illumina ogni giorno di una luce sinistra.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …