Giuseppe Montesano: Cari signori della guerra, tornate a scuola
24 Febbraio 2003
Ma cosa faranno mai i Politici importanti quando non recitano la parte dei
politici e dei signori della guerra? Forse praticano l’arte del bridge o dello
scopone, forse cucinano crostate o pudding, forse guardano film di guerra o soap
opere: certo non sfogliano libri di storia. Come spiegare se no il lapsus in cui
è incorso un Politico all’Onu quando ha sostenuto di appartenere al Paese
dove c’era la più antica democrazia del mondo? Si dà il caso che il suo
Paese fossero gli Stati Uniti, dove la democrazia esiste da un paio di
rispettabili secoli, ma si dà anche il caso che la democrazia sia nata circa
ventisei secoletti fa dalle parti della Grecia. Imprecisione storica
trascurabile? Può darsi: ma essa testimonia di una arroganza sconfinata e di
una sicurezza fideistica di essere nel giusto che è il contrario esatto dello
spirito democratico. Eppure lo studio della Storia darebbe forse qualche
straccio di idea ai Politici pronti a Grandi Guerre in nome del giusto e del
vero, e all’occorrenza qualche piccolo dubbio: dove è scritto che le
democrazie durano in eterno? Se la democrazia morì in Grecia più di duemila
anni fa, e poco tempo fa è spirata in Italia Spagna Germania eccetera, non
potrebbe morire anche altrove? I Politici molto importanti e molto liberali
dovrebbero leggere Montesquieu, un padre del liberalismo: "La democrazia e
l’aristocrazia non sono stati liberi per loro natura. La libertà politica si
trova nei governi moderati, ma essa non è sempre negli stati moderati: vi
rimane solo quando non vi è abuso di potere".
Forse Montesquieu era troppo ottimista e ignorava che i suoi presunti successori sarebbero stati privi di quello che lui chiamava "onore", e che noi potremmo tradurre con "onestà intellettuale e morale": ma diceva che le forme esteriori di governo non sono tutto, e si può parlare di democrazia solo se i governi sono capaci di modificare prontamente le loro politiche aprendosi alla partecipazione dei cittadini. O i Politici immaginano che la loro personale idea di democrazia e di civiltà sia una sorta di dogma per il quale vale il mistero della fede? Eppure gli stessi ripetono di essere dalla parte del Progresso, e sono sempre "gli altri" i fanatici senza speranze. Ma se i politici e i loro tirapiedi leggessero un po’, scoprirebbero brani come questo: "Il progresso reale ha forme diverse, ma sua radice è la moderazione nell’esaltare la propria religione come nel criticare l’altrui religione. Chi dunque esalta la propria religione e denigra totalmente le altre per devozione alla propria o per glorificarla, fa danno alla propria religione". Sono le parole di un superprogressista? Di un Illuminista in ritardo? O di uno che abbia dato un’occhiata ai programmi che la televisione offre ai suoi abbonati coatti?
No, sono solo le parole di un editto inciso sulla roccia per volere del re Asoka nel III secolo a.C., e chi vuole potrà leggerlo in un bel libro curato da Pugliese Caratelli per Adelphi: Gli editti di Asoka. Le domande nascono spontanee: era un liberale, questo re che dominò l’India per un trentennio? O forse passava molto tempo oltre che a fare guerre anche a leggere qualcosa che non fossero le quotazioni delle società petrolifere che ingannano i piccoli azionisti? Ma si sa che i tempi cambiano, oggi i Politici non hanno tempo da dedicare alla cultura, e preferiscono i war games. Almeno i Politici greci descritti da Tucidide nella Guerra del Peloponneso quando facevano guerra ai nemici dicevano più o meno così: noi non pretendiamo di avere idee migliori delle vostre, ma solo di essere più forti, e facciamo come fareste voi al nostro posto. I politici di Tucidide erano cinici, ma non avevano la sconfinata ipocrisia di quelli di oggi, che nascondono guerre di rapina sotto il mantello di libertà e democrazia: ma già Platone diceva, e non c’era ancora la televisione, che il pericolo della democrazia è la demagogia.
Non sono sicuro che in tempi di stordimento collettivo si possa impedire ai Politici di procurare danni irreversibili alla democrazia, ma una modesta proposta ce l’ho: compriamogli uno zainetto, mettiamogli un bel fiocco da Pinocchietti e rimandiamoli a imparare l’abc.
Forse Montesquieu era troppo ottimista e ignorava che i suoi presunti successori sarebbero stati privi di quello che lui chiamava "onore", e che noi potremmo tradurre con "onestà intellettuale e morale": ma diceva che le forme esteriori di governo non sono tutto, e si può parlare di democrazia solo se i governi sono capaci di modificare prontamente le loro politiche aprendosi alla partecipazione dei cittadini. O i Politici immaginano che la loro personale idea di democrazia e di civiltà sia una sorta di dogma per il quale vale il mistero della fede? Eppure gli stessi ripetono di essere dalla parte del Progresso, e sono sempre "gli altri" i fanatici senza speranze. Ma se i politici e i loro tirapiedi leggessero un po’, scoprirebbero brani come questo: "Il progresso reale ha forme diverse, ma sua radice è la moderazione nell’esaltare la propria religione come nel criticare l’altrui religione. Chi dunque esalta la propria religione e denigra totalmente le altre per devozione alla propria o per glorificarla, fa danno alla propria religione". Sono le parole di un superprogressista? Di un Illuminista in ritardo? O di uno che abbia dato un’occhiata ai programmi che la televisione offre ai suoi abbonati coatti?
No, sono solo le parole di un editto inciso sulla roccia per volere del re Asoka nel III secolo a.C., e chi vuole potrà leggerlo in un bel libro curato da Pugliese Caratelli per Adelphi: Gli editti di Asoka. Le domande nascono spontanee: era un liberale, questo re che dominò l’India per un trentennio? O forse passava molto tempo oltre che a fare guerre anche a leggere qualcosa che non fossero le quotazioni delle società petrolifere che ingannano i piccoli azionisti? Ma si sa che i tempi cambiano, oggi i Politici non hanno tempo da dedicare alla cultura, e preferiscono i war games. Almeno i Politici greci descritti da Tucidide nella Guerra del Peloponneso quando facevano guerra ai nemici dicevano più o meno così: noi non pretendiamo di avere idee migliori delle vostre, ma solo di essere più forti, e facciamo come fareste voi al nostro posto. I politici di Tucidide erano cinici, ma non avevano la sconfinata ipocrisia di quelli di oggi, che nascondono guerre di rapina sotto il mantello di libertà e democrazia: ma già Platone diceva, e non c’era ancora la televisione, che il pericolo della democrazia è la demagogia.
Non sono sicuro che in tempi di stordimento collettivo si possa impedire ai Politici di procurare danni irreversibili alla democrazia, ma una modesta proposta ce l’ho: compriamogli uno zainetto, mettiamogli un bel fiocco da Pinocchietti e rimandiamoli a imparare l’abc.
Giuseppe Montesano
Giuseppe Montesano è nato a Napoli. Ha pubblicato due romanzi: A capofitto e Nel corpo di Napoli (Premio Napoli, Superpremio Vittorini, Premio La Torre, Premio Scommesse sul Futuro, finalista Premio …