Marco D’Eramo: Orfano del rais

16 Dicembre 2003
Ora è cosa fatta, quindi da oggi in poi crescerà la pressione per accelerare il disimpegno militare, anzi è già iniziata: lo ha già chiesto il candidato per ora favorito alla nomination democratica, Howard Dean. Ma Saddam ha rappresentato un alibi per molti altri guai, dall'insicurezza quotidiana nelle città ai sabotaggi nel petrolio, al dilagare endemico della guerriglia, forse a bassa intensità, ma ad alto costo in vite umane. Con Saddam Hussein recluso, si capirà ora se la guerriglia era davvero l'ultimo colpo di coda dei nostalgici del regime o se esprime una diffusa insofferenza per l'occupazione straniera. Saddam era il capro espiatorio per l'incapacità Usa nel "fare il lavoro", nel vincere la pace con la facilità con cui avevano trionfato in guerra. Ieri tutti i grandi giornali americani dicevano: "Bene, adesso concludiamo il lavoro il prima possibile".
La cattura di Saddam costituisce quindi un fattore di verità per capire se quelli che gli americani hanno incontrato nell'instaurare una "prospera democrazia in Medio oriente", erano problemi contingenti legati all'invadente incombere del fantasma di Saddam, o erano invece strutturali, legati all'esplosiva composizione etnico-religiosa dell'Iraq, alla diffidenza per undici anni sanzioni e bombardamenti, tra il 1992 e il 2003.
Il carattere di "momento di verità" spiega anche la reazione dell'opinione pubblica americana che è di sollievo, ma non di esultanza. Nessuna folla si è adunata davanti alla Casa bianca, cortei spontanei non si sono formati nelle metropoli, né fuochi di artificio hanno illuminato la notte, proprio perché il sentimento prevalente è di attesa: finora il latitante Saddam Hussein era considerato il maggiore ostacolo, ma ora tutti si aspettano "il compito sarà assolto" - per ricalcare l'espressione che Bush ha usato nella conferenza stampa di ieri. Se fallirà, non ci saranno alibi.
A questo proposito, rimane oscura la strategia degli esperti in comunicazioni del Pentagono: mostrare Saddam come un homeless rintanato d'inverno sotto i cartoni, ha contribuito sì a dipingerlo come un boss latitante della mala mondiale (la sua foto ricordava quella di Riina dopo l'arresto). Ma nello stesso tempo appariva tanto disturbato, che viene da chiedersi come mai avesse potuto seminare il terrore per tanto e su tanti. Forse quest'immagine, da derelitto fuori di testa, ha contribuito a ridurre l'esultanza popolare. Non ci può essere giubilo per la cattura di un boss della mala, né orgoglio nell'aver catturato un simile relitto.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …