Gianni Riotta: Criticare Bush non basta: bisogna fare meglio di lui

19 Marzo 2004
Già un anno fa, quando il presidente George W. Bush decise di attaccare l' Iraq, era chiaro che aveva prevalso la soluzione peggiore per piegare il dittatore Saddam Hussein. Si poteva andare a una mobilitazione militare della coalizione Usa-Europa, o lasciare stretto l' anello bellico Usa e forzare Saddam con l' Onu. La scelta unilaterale di Bush, la mancata consapevolezza europea della minaccia terrorista e l' incertezza dell' Onu hanno portato a una situazione impossibile. La Casa Bianca ha provato a piegare gli avversari grazie alla supremazia militare, senza curarsi della coalizione internazionale, ed è, un anno dopo, sotto attacco, in Iraq e nel mondo. La strage di Madrid, che pateticamente Aznar ha cercato di attribuire all' Eta, manda raggelante il messaggio della rete Al Qaeda: gli alleati di Bush saranno puniti. Documenti della Jihad resi noti dagli studiosi Reuven Paz e Scott Atran testimoniano dell' intenzione di «costringere il governo spagnolo a ritirarsi dall' Iraq sfruttando le elezioni politiche» con attentati per contribuire alla «vittoria del Partito Socialista e al ritiro delle truppe». Se la strategia di Bush non funziona ne occorre una diversa, per combattere la guerra al terrore e ribadire alla rete lillipuziana di Osama Bin Laden che le stragi non ci costringeranno alla resa. È un' illusione credere che basti deprecare la scelta unilaterale di Bush per scampare alla vendetta degli strateghi del caos. L' Onu s' era opposta alla Casa Bianca, come l' ispettore Hans Blix ribadisce nel suo nuovo libro, eppure ha sofferto nella strage di Bagdad. La Croce Rossa non voleva la guerra eppure l' ha pagata con il sangue. Se la sinistra, che governa oltre all' Inghilterra la Germania e adesso anche la Spagna e a novembre si candida per la vittoria a Washington con il senatore Kerry, vuole accreditarsi come guida politica e morale, non basta dire no a Bush e chiedere il ritiro delle truppe dall' Iraq. Il nuovo primo ministro spagnolo Zapatero ha usato il «tutti a casa» come strumento di propaganda elettorale, ma adesso deve decidere: se tutti vanno a casa chi governa Bagdad? La risposta Zapatero la conosce bene, dalle moschee sulle rive del Tigri comanderanno i mandanti della strage di Madrid. È questo che vogliamo? Tanto più che un nuovo sondaggio conferma da Bagdad che la maggioranza degli iracheni ha fiducia nel futuro e non vuol tornare indietro. Contro il terrorismo la guerra non basta. Ma la bandiera bianca nemmeno. L' Iraq va stabilizzato con il contributo di americani ed europei (anche con l' egida Nato), con la collaborazione di un' Onu cosciente che la corruzione del programma «oil for food» ha creato sfiducia nei suoi confronti a Bagdad. Una coalizione capace di apparire equa alle etnìe irachene, ma risoluta ai terroristi. La tattica militare va integrata con la politica e la diplomazia in Medio Oriente, lo sviluppo economico arabo, il dialogo delle religioni, strumenti efficaci nel lungo periodo strategico. Risoluti contro il terrore, illuminati sulle sue cause. L' Italia, l' Inghilterra e la Polonia sono i prossimi bersagli possibili. Francia, Germania e la Spagna socialista non possono illudersi di essere sicure, perché non lo sono. La strategia alternativa deve andare oltre il campo militare, non abbandonarlo. Marciare per la pace senza manifestare contro i guerrafondai del terrorismo, festeggiare Zapatero senza chiedersi cosa fare in Iraq, auspicare Kerry presidente ignorando che non si ritirerà da Bagdad non porta alla vittoria contro Osama e alla pace. Una strategia sbagliata si contrasta con una strategia migliore, non con le illusioni, non importa quanto colorate e ben intenzionate. I terroristi non sono in guerra solo contro Bush e i suoi amici. Sono in guerra anche contro di noi, noi tutti.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …