Gianni Riotta: L' ambiguo dopo Saddam e l' arduo compito Onu

22 Aprile 2004
Oggi si gioca il derby Roma-Lazio, decisivo per scudetto e Coppa Campioni e noi tifosi assistiamo a fiato sospeso: forza, dai, gol! Il calcio liquida le passioni in 90' , viva e abbasso, e si spegne la tv. Che emozioni oggi, e che malinconia invece, ieri e domani, nel vedere la stessa rauca foga investire la tragedia dell' Iraq e del terrorismo. Aldo Biscardi, che la sa lunga, dovrebbe mutare soggetto al suo Processo e invitare gli «esperti» di politica internazionale a sgolarsi, «bombe» alla Mosca su pace e guerra. Proviamo, con ostinazione, a riflettere, sul difficilissimo passo che ci attende. Le Nazioni Unite governeranno ora l' Iraq, è Lakhdar Brahimi, inviato del segretario generale Kofi Annan a dover nominare entro il 30 giugno i tecnocrati cui affidare i ministeri, per poi indire elezioni entro il gennaio 2005. Nel frattempo va scritta una Costituzione capace di tenere insieme curdi, sciiti e sunniti. Questo è il dato, d'accordo la Casa Bianca, d'accordo l' Onu. Sarà dura. L' Onu, mitica nei dibattiti nostrani, fatica sul campo quanto la coalizione che ha abbattuto Saddam Hussein. Il suo quartier generale è stato fatto brillare in estate, lo scandalo «oil for food», dieci miliardi in fondi neri a Saddam, delegittima i caschi blu davanti a tanti iracheni, potenti e no. L' estate sarà ambigua: quando l' Onu darà ragione a un funzionario sunnita, a un ayatollah sciita o a un peshmerga curdo, i suoi provvedimenti saranno applauditi. Se Brahimi dirà «No», si sentirà rinfacciare «Lakhdar! Eri a capo della Lega Araba quando teneva bordone a Saddam... avete impalato più musulmani voi algerini dei crociati... e dove sono i 10 miliardi di mazzette pagate al Baath via Onu?». Annan ha chiesto all' ex governatore della Banca Centrale Usa Paul Volcker di guidare un' inchiesta sullo scandalo «oil for food» e subito i russi, per proteggere i propri diplomatici coinvolti, fanno balenare il veto. Chi, come me, ha sperato che lo sforzo di pace diventasse internazionale s' è illuso. L' Onu non manderà truppe finché «la situazione non è stabile» (ma allora a che serviranno?), la Nato non interverrà come in Afghanistan, i francesi nemmeno. Dopo il ritiro del premier spagnolo Zapatero, senza attendere la risoluzione Onu invocata durante le elezioni, la coalizione può, al massimo, non perdere pezzi, difficile guadagni consensi. I soldati italiani, per ora, restano e preghiamo per i tre ostaggi. Da soli George W. Bush e Tony Blair hanno fatto la guerra, da soli devono pacificare l' Iraq. Il mondo ha deciso così e decidete voi se per umiliare gli angloamericani, per ripicca o per interessi legittimi. La coalizione telecomandata da Brahimi deve battere la rivolta dei baathisti e degli sciiti di Al Sadr, rintuzzare il terrorismo, riallestire la vita economica, impedendo il caos tra le confessioni islamiche e le etnie. Tre americani su quattro sono favorevoli a mandare più truppe in Iraq, non sperando in una vittoria prossima, ma rassegnati a far da soli. Vedremo, se dopo la guerra unilaterale di Bush, la condanna a una pace altrettanto unilaterale sarà efficace, o se europei, mondo e Onu rimpiangeranno l' aristocratico distacco. Sto leggendo il libro di Bob Woodward, Plan of attack, e sorrido amaro: «la giunta militare Bush» denunciata dai Chomsky ruspanti si rivela un governicchio diviso in mille faide, i suoi «piani segreti» sono in piazza dopo soli dodici mesi, Powell, impotente e querulo, svela la camarilla neoconservatrice del Miles gloriosus Cheney. Tra lo scoop di Woodward e la Commissione sull' 11 settembre seguiamo in tinello i «misteri» sulla guerra, perfino i più umilianti, il brindisi di Cheney a sfottere Powell, il segretario di Stato che impreca «Gestapo!» contro i colleghi. Giunta? Militare? Davvero non era possibile far politica, dividere, interloquire con una superpotenza tanto fragile? Churchill, De Gaulle, De Gasperi, ma anche Kohl e Mitterrand, avrebbero mediato, in guerra e in pace, con l' alleato diviso e incerto. Uff che barba!! Accendiamo la tv, è l' ora del derby, che sballo la logica di Neanderthal.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …