Gianni Riotta: Il capolinea di Rummy il lottatore

10 Maggio 2004
Il colonnello E. W. Chamberlain aveva ragione. Alla vigilia della guerra in Iraq, quando il ministro della Difesa Donald Rumsfeld impose il piano di attacco "leggero", solo 250.000 uomini al fronte, Chamberlain, stratega di battaglie sanguinose, convocò gli amici e disse: "I miei antenati, durante la Guerra Civile, ammonivano: "il buon generale ha visto l' elefante", l' angoscia della guerra in prima linea. Io la conosco e per questo mi fido del moderato generale Powell, non di Rumsfeld". Ieri, interrogato dal Congresso, Commissione Forze Armate di Senato e Camera, Rumsfeld ha visto un diverso "elefante". Il capolinea di "Rummy" il lottatore. Per la prima volta sente i suoi 71 anni E' finito al tappeto, stretto da una presa della Storia da cui non si libererà. Karl Rove, eminenza grigia della Casa Bianca, adesso vorrebbe fargli pagare il conto. Non la paura della morte in battaglia, ma l' angoscia di vedere il proprio disegno strategico dissolversi, le intenzioni più care svergognate davanti al mondo intero, finendo ostaggio degli odiati mandarini di Washington. Il ministro che a Beirut, nel 1984, si rimise a lavorare senza battere ciglio quando una bomba gli fece volare una macchina da scrivere Ibm sulla testa, l' ex lottatore dell' Università di Princeton che si allenava perfino nei corridoi della Casa Bianca sotto lo sguardo incredulo di Henry Kissinger, il duro ad oltranza che ha voluto posare in maniche di camicia per il ritratto ufficiale del Pentagono, ha sentito i senatori e i deputati chiedere le sue dimissioni, ha letto sul ‟New York Times” e sul ‟Washington Post” inviti a lasciare la poltrona, e subito perfino l' umiliazione di un contestatore che gridava "Licenziate Rumsfeld, licenziate Rumsfeld" tra gli ebani austeri del Senato, mentre i commessi cercavano invano di tranquillizzarlo. In tempi migliori Rummy avrebbe aggiustato gli occhiali luccicanti d' acciaio sul naso, appena scosso la zazzera grigia, fulminando l' importuno con arroganza sicura di sé. Ieri ha taciuto, s' è stretto nelle spalle dell' abito grigio e ha incassato. L' uomo che il ‟New York Times” ha battezzato "la sola rock star dell' amministrazione Bush" dimostrava, per la prima volta, tutti i suoi 71 anni. Si dimetterà Rumsfeld? Il senatore John McCain, repubblicano, veterano del Vietnam torturato nel campo detto "Hanoi Hilton", ieri ha massacrato il compagno di partito, "Come fai a non rispondere su questioni del genere", quando Rumsfeld provava a glissare sul ruolo dei tecnici privati negli interrogatori dei detenuti ad Abu Ghraib. Ancora più feroci i democratici, Ted Kennedy "in Medio Oriente adesso il simbolo dell' America non è la Statua della Libertà, ma l' incappucciato di Abu Ghraib che crede di essere legato ai cavi elettrici". Bush ha prima convocato Rumsfeld per una violenta lavata di capo, puntualmente trasmessa alla stampa, la sola volta che Bush abbia criticato in pubblico un ministro. Poi lo ha difeso, dicendo che non ne chiederà le dimissioni. Il presidente è incerto. Il consigliere Karl Rove, eminenza grigia che ha a cuore solo la rielezione di Bush, sarebbe pronto a far pagare il conto a "Rummy". Non solo e non tanto per la vergogna delle torture, ma per la serie di insuccessi e la sicumera dopo la guerra lampo del 2003, dal sacco di Bagdad, "la libertà è confusionaria", scherzò allora il ministro alla ripresa della guerriglia dopo che a maggio scorso il Pentagono assicurò la Casa Bianca che la rivolta del Baath e le infiltrazioni dei terroristi stranieri legati ad Al Qaeda erano sedate. In questo senso preme la vecchia guardia "internazionalista" del partito, legata al presidente Bush padre, dall' ex ministro Baker al generale Scowcroft. E anche il segretario Powell, che ieri ha avuto la perfidia estrema di difendere Rumsfeld sulla agenzia France Press, portavoce dei "nemici" francesi, si attende la cacciata dello storico rivale per la débâcle delle torture. Rove pondera: liberarsi di Rumsfeld, ormai con il piombo all' ala, darà forza alla campagna del rivale democratico, senatore John Kerry? Kerry sta giocando di fioretto, spera che l' amministrazione si incarti da sola, senza risultare poco patriottico usando in modo propagandistico lo scandalo che svergogna il Paese. E forse Kerry si sta comportando troppo da gentleman del New England non affondando i colpi. Di fatto, Rove non ha ancora deciso cosa consigliare al presidente. Rumsfeld conosce ogni segreto della politica repubblicana nei confronti dell' Iraq di Saddam Hussein, fin dalla celebre visita che fece al dittatore di Bagdad il 3 dicembre del 1983, proponendogli di sostituire lo Scià di Persia come alleato americano in Medio Oriente. Credeva di giocarlo, invece Saddam ottenne i vantaggi del consenso e gli aiuti finanziari e militari di Washington durante la guerra con l' Iran, ma infine rinnegò il patto e invase il Kuwait. Ventuno anni di guerra e diplomazia allineano negli archivi e nella memoria di Rumsfeld un dossier fantastico di storia e manovre diplomatiche, affari spregiudicati sul petrolio e terrorismo. E se li passasse, come è di moda, a Bob Woodward che ne ricava un altro libro inchiesta per l' autunno? Che danni ci sarebbero in campagna elettorale? Su queste miserie della politica meschina s' è impegolato "Rummy", l' uomo che non volle correre per la Casa Bianca "mi fanno schifo comizi e lobbisti" ma era certo di riuscire a riformare il Pentagono, snellendolo la pachidermica macchina da guerra a falange di commandos che comunicano tra di loro via computer e satelliti in cielo, secondo il dettato strategico del suo guru Andrew Marshall, detto "Yoda" come lo gnomo saggio di Guerre Stellari. "Se servisse mi dimetterei...mi assumo l' intera responsabilità...non ho saputo prevenire questi abusi vergognosi non degni dell' America né informare in tempo il presidente e il Congresso" ha detto piano Rumsfeld e per il "più duro" come lo chiamava Kissinger non deve essere facile. Addio al sogno di rifondare l' esercito elettronico del terzo millennio con tante quadre flessibili come Davide davanti a Golia, ma armate di fionda informatica. Addio alla vittoria lampo a Bagdad, con la libertà in stile svizzero che governa l' Iraq. Addio alla presunzione di governare militarmente la nazione occupata, grazie al fido consigliere Chalabi e addio all' abito blu con scarponcini da campo del governatore Paul Bremer. Addio alle ironie sull' Onu, sulla Francia e la vecchia Europa. Brindano i pacifisti, brindano i democratici, brindano i repubblicani moderati, brindano Powell e i diplomatici al Dipartimento di Stato, brindano i generali con le stellette al Pentagono che finalmente non dovranno fare più conti con i tagli di bilancio di Rumsfeld e brinda il colonnello Chamberlain: "L' avevo detto io che non aveva visto l' elefante". Dimissioni o no la carriera politica formidabile di Donald Rumsfeld, a 30 anni deputato alla Camera, ambasciatore alla Nato di Nixon, ministro della Difesa con Ford e poi Bush, amministratore milionario della farmaceutica G.D. Searle, si è conclusa, il lottatore è finito al tappeto, stretto da una presa della storia da cui non si libererà. Può darsi che Bush, su consiglio del suo Richelieu Rove, non lo dia in pasto alla pubblica opinione, ma la grinta lo ha perduto. La soldatessa che tiene al guinzaglio il povero detenuto iracheno nel carcere di Abu Ghraib ha finito per strangolare il signore dei falchi. Al Pentagono resta il ritratto in maniche di camicia, ma Rumsfeld ieri ha indossato per il primo giorno il pigiama del pensionato.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …