Beppe Sebaste: Poesie, le parole per quelli che tacciono

17 Dicembre 2004
Il regista tedesco Wim Wenders ha espresso la propria rabbia per il film con Bruno Ganz che racconta la storia degli ultimi giorni di Hitler, come se fosse un personaggio in cui ci si può identificare innocentemente, salvo non far vedere la sua morte. Ha scritto: "perché il film non mostra che il porco finalmente è morto?". In Italia il più famoso talk show della tv ha parlato di Benito Mussolini come di un buon padre di famiglia. La marmellata della storia e della cronaca, delle immagini e delle parole, ci dà e non da oggi un senso di perdita e disperazione. "Comment dire" "Qual è la parola", si chiedeva in versi sgocciolanti Samuel Beckett prima di morire, nel 1989. L’opera del filosofo Jacques Derrida, nella sua leggendaria complessità, non esprime qualcosa di molto diverso. Ho letto in pubblico i versi di Beckett nell’ambito di Roma-Poesia, un festival della parola attuale/inattuale. La poesia è parola pro-fetica, cioè viene sempre prima e per qualcuno che tace (spesso è meglio tacere che invalidarsi). Rompe l’ordine del discorso, gli orizzonti addomesticati delle attese - come un balbettio rompe quello dei corpi, anche del "corpo sociale". Ai lettori dei lunedì al sole propongo per una volta questo modo del dire, anche se steso tutto di seguito. È una poesia scritta molti anni fa, quando la televisione non era così importante. Eppure. Sgocciolante, balbettante, nella sua vera forma occuperebbe una pagina, presupponendo pause di silenzio tra le parole e le frasi.
"c’è il mondo / dico: il mondo / davanti agli / occhi / sopra la testa / poi / chiudo gli / occhi / dico: li chiudo / c’è il mondo / c’è / ancora / dico: / immaginiamo / che non c’è / dico: niente / non dico / più / niente / del mondo / dico: non parlarne / del mondo / dico: / delle cose del mondo / senza gli occhi / senza la / voce / dico: senza / la voce / è falso / dico: / è falso
"con le parole / ci si abitua a tutto con le parole / con la parola / morte / a esempio / la morte / è a portata di tutti / sulla punta di tutte / le lingue / il valore / della parola / morte / è niente / è una parola morta / le parole / morte / non sono niente / uno si abitua / alle parole / del giornale a esempio / a esempio trecento / morti / oppure anche / trecento / vivi / trecento cadaveri / di uomini vivi / e trecento cadaveri / di uomini morti / è uguale / con le parole / il valore rimane / a portata di tutte / le lingue / e ogni cosa / è come un’altra / le parole morte / sono proprio / come le foglie / queste parole a esempio / sono niente / oppure / non sono / esse sono il giusto mezzo / l’invariabile / mezzo / senza il quale tutto / sarebbe continuamente / tale / e / quale /
"ora è autunno / e le parole vecchie / le parole marce / cadono / in una / poltiglia / di parole morte / esse non c’entrano / sono altre / allora / le parole da dire / da dire / le parole / da dire (...)".

Beppe Sebaste

Beppe Sebaste (Parma, 1959) è conoscitore di Rousseau e dello spirito elvetico, anche per la sua attività di ricerca nelle università di Ginevra e Losanna. Con Feltrinelli ha pubblicato Café …