Gianni Riotta: Addio a un anno infelice per la giustizia e la libertà

30 Dicembre 2004
"Dicendo no a un regime autoritario l’Ucraina s’è affermata come un libero paese d’Europa che condivide i valori politici degli Stati moderni di oggi": il messaggio del nuovo presidente ucraino, Viktor Yushchenko, è la sola buona notizia del Capodanno 2005, che osserviamo nella commozione per la strage in Asia. Il 2004 ha visto la Cina aprirsi ai mercati ma non ai diritti civili e la Russia del presidente Vladimir Putin accentuare invece i segnali di repressione sia nei mercati, nelle libertà, nel sistema giudiziario che in una grottesca corsa agli armamenti elogiata perfino da membri del Parlamento europeo. Non è stato un anno felice per chi ha a cuore giustizia e libertà. La caduta di Saddam Hussein in Iraq non lascia ancora a Bagdad il passo a una autentica democrazia e le sospirate elezioni di gennaio si terranno in un clima di violenza. A Kabul, il presidente eletto Karzai festeggia la fine dell’anno libero dalle repressioni dei Talebani, ma con parte del paese in pugno ai signori della guerra. In Libia, mentre il colonnello Gheddafi è accolto a braccia aperta dai premier Blair e Berlusconi e il presidente Bush ne elogia il disarmo chimico, il dissidente Fathi al Jahmi è scomparso da mesi. Al Jahmi rivendica per Tripoli quel che Yushchenko ha finalmente ottenuto per Kiev, Rugova ha avuto dopo anni di pena in Kosovo, Karzai ha visto a Kabul dopo una guerra e tutti sogniamo per Bagdad, malgrado le minacce di Osama Bin Laden: libere elezioni. Ma, benché i leader dei paesi occidentali, da Washington a Bruxelles, predichino le virtù democratiche, nessuno si cura di Fathi al Jahmi, che chiede quella libertà per cui nelle scuole i ragazzi imparano a amare eroi come il sudafricano Mandela, il ceco Havel, il poeta russo Brodsky, gli antifascisti spagnoli. Che nessuno lo ascolti, che nessuno ricordi le parole di sdegno pronunciate per la signora premio Nobel per la pace in Birmania Aung Suu Kyi, che la Libia possa presiedere senza proteste la Commissione diritti umani delle Nazioni Unite vi spiega perché il 2004 è stato un anno cattivo. Le democrazie sono divise dalla discussione perenne tra Realpolitik e politica dei valori. I fautori del primo partito, come l’ex segretario di Stato americano Kissinger o il presidente francese Chirac, sono persuasi che solo l’equilibrio tra i poteri, la cosiddetta "stabilità" sia garanzia di una, se non pace, "assenza di guerra" e poco importa il carico di sofferenze e ingiustizie che lo status quo comporta. I paladini dei diritti, che hanno come santi patroni i presidenti americani Wilson e F.D. Roosevelt, sono certi che solo guardando alla giustizia il mondo possa davvero trovare pace e serenità. Chi avrà ragione nel 2005? Il caso Ucraina mostra con evidenza cristallina che seguire la Realpolitik senza scrupoli porta alla falsa stabilità che le vecchie potenze crearono alla fine del XIX secolo, e che la rovinosa guerra civile europea durata dal 1914 al 1989, provò sterile e crudele. Certo, mutare il mondo, qui e ora, in una landa perfetta di valori condivisi, nel laghetto Walden di Thoureau, sarebbe vano o ingenuo. Ma se il realismo politico non tende, con diplomazia e senso comune, a perseguire una costellazione ideale, presto si corrompe in cinismo, indifferenza, egoismo. In Ucraina il mondo libero poteva distogliere lo sguardo, come facciamo con i regimi duri in Azerbajian, Uzbekistan, Armenia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, temendo di irritare Putin. Invece l’opinione pubblica ha imposto il rematch dopo le elezioni truccate e ha mandato ai despoti un segnale: stavolta non si passa. Che la democrazia sia un valore radicale per cui battersi con coraggio, ce lo dimentichiamo troppo spesso, distratti da interessi, comodità, opportunismi. Che nella luttuosa fine 2004, da Kiev, ci venga un segnale di speranza è un buon auspicio e in questo spirito, Titanic augura a lettrici e lettori felice 2005.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …